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12 OTTOBRE 1492: LA SCOPERTA DELL’AMERICA

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Quella con cui abbiamo a che fare oggi è una data ben conosciuta da tutti, meritevole di entrare in una possibile Top Ten dedicata alle date famose per la storia dell’uomo, quali potrebbero essere il 476 d.C. (Caduta dell’Impero Romano d’Occidente), il 1099 (la liberazione di Gerusalemme in seguito alla prima Crociata), il 1453 (La caduta di Costantinopoli), il 1517 (le 95 tesi di Wittemberg) e il 1945 (Conclusione della Seconda Guerra Mondiale). 

Quando Cristoforo Colombo partì da Palos, il 3 agosto del 1492, disponeva di tutto l’occorrente per condurre la sua spedizione: esperienza, appoggio da parte della corona spagnola, imbarcazioni in grado di affrontare le insidie dell’oceano e uomini volenterosi. Era anche sicuro di sbarcare in terre inesplorate, ma quanto trovò fu sicuramente più sconvolgente di ciò che avrebbe mai potuto immaginarsi. 

Come sappiamo la scoperta dell’America fu frutto di un imprevisto. Il reale obiettivo di Colombo era quello di raggiungere l’Oriente passando da Occidente, tracciando così una nuova rotta molto più rapida di quelle percorse dai Portoghesi: questi erano soliti a raggiungere l’Asia circumnavigando il continente Africano. 
Dopo aver condotto una navigazione più lunga del previsto, il 12 ottobre Colombo e i suoi marinai sbarcarono su un’isola sconosciuta e chiamata Guanahani dalla popolazione indigena. Lo stesso Colombo ha descritto l’incontro con gli abitanti dell’isolotto, affermando che “[…] venivano a nuoto alle barche sulle quali ci trovavamo e ci portavano pappagalli, filo di cotone in matasse gomitoli, zagaglie e molte altre cose ancora che scambiavamo con ciò che davamo loro come piccole palline di vetro e sonagli. Insomma, prendevano tutto e davano ciò che avevano di buon grado; ma parve a me che fosse gente poverissima di ogni cosa[1]”
Ribattezzata l’isola San Salvador, Colombo proseguì la sua navigazione approdando su altre due isole, Cuba e Hispaniola (Santo Domingo). Scoperte che non furono prive di altri imprevisti. Proprio costeggiando Hispaniola si verificò l’arenamento della Santa Maria, da quel momento irrecuperabile, e siccome la Nina non era in grado di contenere tutti i naufraghi, quaranta di loro vennero lasciati sull’isola, all’interno di un forte costruito per loro. In teoria un simile intervento non sarebbe stato necessario se la seconda caravella, la Pinta, non fosse misteriosamente scomparsa qualche giorno prima per rifarsi viva soltanto il 16 di gennaio. 
Le angosce delle due caravelle proseguirono anche lungo il viaggio di ritorno, specialmente quando vennero separate da una tempesta da cui vennero colte in prossimità delle isole Azzorre. Nel mese di marzo la Nina rientrò, sola, nel porto di Palos con un interessante carico proveniente dalle “Indie Occidentali”, mentre la Pinta face il suo ingresso nel porto di Bayona (lungo le coste della Galizia).
Questa prima esplorazione di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo fu tanto fortunata quanto sfortunata, ma il suo riscontro fu sicuramente più positivo dei viaggi che vennero intrapresi in seguito dal nostro esploratore. Sulle sue avventure e sulle esplorazioni geografiche ci sarebbero molte cose interessanti da dire, ma lo spazio a disposizione purtroppo è sempre limitato e questo significa che avremo sicuramente occasione di rifarci con una nuova pubblicazione.

Emanuele Bacigalupo

Scoperta dell'America

Per mostrarvi gli eventi che vanno dal 12 Ottobre in poi,

la nostra rubrica prosegue nella sezione:

Macchina del Tempo 2.0 

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Note

[1] F. Surdich, Verso il Nuovo Mondo, l’immaginario europeo e la scoperta dell’america, Giunti, Firenze, 2002, p.24

Bibliografia
R. Ago-V. Vidotto, Storia Moderna, Laterza, Roma-Bari, 2017.
F. Surdich, Verso il Nuovo Mondo, l’immaginario europeo e la scoperta dell’america, Giunti, Firenze, 2002.

Immagini:
https://www.pinterest.it/pin/495747871466114464/
https://brasil.elpais.com/…/…/cultura/1476195066_630848.html

11 OTTOBRE 1971: IMAGINE

Capolavoro di John Lennon pubblicato come singolo l’11 ottobre 1971, terzo nella classifica dei migliori brani musicali secondo la rivista Rolling Stone, ma soprattutto intramontabile inno pacifista conosciuto e cantato in ogni angolo del mondo, Imagine compie 47 anni.

In realtà – fu lo stesso Lennon a rivelarlo – Imagine è un brano anti-religioso, anti-nazionalista, anti-convenzionale e anti-capitalista che non poco ha in comune con l’ideale comunista: la creazione di una società in cui non trionfino i valori del materialismo, dell’utilitarismo e dell’edonismo.  

Il mondo utopistico descritto da Lennon, fu ispirato da un libro della moglie Yoko Ono, Grapefruit. “Siamo tutti un solo mondo, un solo paese, un solo popolo”, fu proprio lei a sintetizzare in questi termini la canzone più celebre e rappresentativa della carriera solista del marito.

Imagine
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Imagine inizialmente sembrò non rendere giustizia al talento visionario dell’ex Beatles, ma presto si rivelò una rivoluzione, un messaggio contro la guerra e la violenza capace di unire popoli e generazioni. 

Linda Vassallo

5 OTTOBRE 1962: BOND, JAMES BOND

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Gran Bretagna 5 ottobre 1962, le sale cinematografiche proiettano un film di seconda categoria che farà la storia del cinema. Il titolo del lungometraggio: “007- Dr. No”, in Italia: “Agente 007- Licenza di uccidere”. 
Con un budget di circa un milione di dollari, il film fu un vero successo mondiale e incassò sessanta milioni al botteghino internazionale.
Diretto dal regista britannico Terence Young, “Licenza di uccidere” segna l’inizio del successo di 007 nei film sullo spionaggio, che continuerà con altri ventitré film. Opera del regista e anche la sequenza della canna di pistola, che aprirà tutti i film di 007. 
La trama racconta di un agente dei servizi segreti britannici che, mandato in Giamaica per indagare sulla morte di due agenti segreti, si ritrova a fronteggiare una feroce organizzazione criminale che all’obiettivo di controllare il mondo tramite il terrore: la “SPECTRE” (Special Executive for Counter-intelligence, Terrorism, Revenge and Extortion). 

James Bond

La storia si ispira al sesto libro di James Bond, dello scrittore ed ex ufficiale dei servizi segreti della marina inglese Ian Fleming. I produttori Albert R. Broccoli e Harry Saltzman, temendo uno scarso successo della pellicola, non scelsero il primo libro (Casinò Royale) perché il suo adattamento era troppo costoso per il budget a disposizione.Per la parte dell’attore protagonista ci furono candidati come David Niven e Cary Grant; ma il ruolo fu affidato a un attore scozzese che all’epoca non era molto conosciuto, Sean Connery. Sarà quest’attore a fornire le basi per gli altri interpreti di James Bond. Anche per la parte del cattivo ci furono varie scelte come Max von Sydow e Christopher Lee, ma la parte la ebbe alla fine Joseph Wiseman.L’antagonista, il “Dr. No”, uno scienziato che al posto delle mani ha due protesi in grado di stritolare qualunque oggetto, sarà il primo di tanti supercattivi della saga. Essendo il primo film della serie, qui i complici dell’antagonista non hanno nessuna abilità particolare che li contraddistingue e sono: il geologo Dent, la fotografa misteriosa, miss Taro e il trio dei “Three Blind Mice”: i primi a comparire.Altro elemento di novità introdotto da questa pellicola fu la presenza delle cosiddette “bond-girl”: attrici molto avvenenti nel ruolo di compagne e alleate di 007 o anche assistenti dell’antagonista. La prima fra tutte fu Eunice Gayson, che recita la parte di Sylvia Trench: la donna che appare dopo l’inizio del film e che perde a Chemin de fer contro James Bond , ma quella più famosa e che tutti ricordano uscire dall’ acqua in bikini, disegnato da lei stessa, è Ursula Andress: nella parte di Honey Ryder.Un'altra caratteristica dei film di 007 sono i gadget, consegnati sempre al protagonista prima di iniziare la sua missione. In “Licenza di uccidere”, però, gli unici saranno una radio trasmittente, un contatore geiger, un orologio luminoso e la pistola Walther PPK, che seguirà 007 nelle avventure successive. Dopo Sean Connery (1962-1971), seguiranno altri cinque interpreti di 007: George Lazenby (1969), Roger Moore (1973-1985), Timothy Dalton (1987-1989), Pierce Brosnan (1995-2002) e Daniel Craig (2006-presente).

Cesare Grande

Fonti:
http://ilmegliodiinternet.it/imdi-classics-007-licenza-di-…/
https://movieplayer.it/…/agente-007-licenza-di-u…/curiosita/
http://www.mam-e.it/…/agente-007-licenza-di-uccidere-stase…/

3 OTTOBRE 1990, LA GERMANIA RIPRENDE VITA 

Se si analizza la Seconda Guerra Mondiale troviamo una nazione sconfitta senza ombra di dubbio, ovvero la Germania. Il paese che era stato praticamente il volano dell’Europa del XIX secolo era ormai ridotto a un cumulo di macerie e le due guerre mondiali, da cui era uscita sconfitta, avevano minato quel sogno di unità realizzatosi nel 1871 grazie alla politica di Otto von Bismarck. 
Subito dopo la sconfitta l’Europa e il mondo vennero spartiti fra l’impero capitalista (USA) e l’impero comunista (URSS). A farne le spese più di tutte fu proprio la Germania, vista ora come il confine naturale fra i buoni e i cattivi, fra guerra e pace, fra un muro e un filo spinato. 
Dal 21 agosto del 1961 si assistette ad una drammatica divisione delle “Terre Tedesche”. Si cominciò a parlare di Germania Est e Germania Ovest in tutti gli ambienti e in tutti i settori, dal calcio fino alla mera geografia. Era sorto il muro di Berlino! 

Ma questa è una storia strana che non ha molti esempi da prendere in considerazione e con la stessa facilità con cui venne costruito il muro, infatti, esso venne abbattuto il 9 novembre 1989. Da lì iniziarono dodici mesi intensi, senza pause e con enormi timori, essenzialmente perché la cultura tedesca non poteva farsi sfuggire l’occasione di riunirsi sotto un’unica bandiera.

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Germania (Ri)unita

Subito dopo la caduta del muro la Germania dell’Est acquistò quasi improvvisamente quella libertà che 29 anni di dittatura comunista non gli permise mai di avere. I problemi economici che attanagliavano la Germania dell’Est (DDR) diedero vita alla nascita di un fenomeno emigratorio verso l’Ovest per attraversare quel confine umano costruito per dividere il mondo e che adesso andava riunito. Ad ovest infatti non volevano più aspettare, era il momento di riappacificarsi prima che dall'altra parte non ci fosse rimasto più nessuno. Ma la questione non era così facile; unire due mondi opposti con idee politiche, leggi, scuole e organizzazione della vita pubblica diverse avrebbe richiesto molti sforzi. 
Paradossalmente furono i giovani tedeschi a spingere per l’annessione immediata e la bramavano molto più di quegli adulti che erano nati in una Germania unita.

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"Se il marco non viene da noi, saremo noi ad andare dov'è il marco" era uno degli slogan più gridati contro quelli che chiedevano pazienza. 
Nella DDR nel frattempo regnava il caos. Il degrado dell’est poteva essere fermato solo con l’unificazione, che improvvisamente era diventata una necessità. Il vero problema era che la Germania Federale non poteva prendere alcuna decisione senza il consenso degli ex-alleati della Seconda Guerra Mondiale. Questo rendeva la riunificazione un problema internazionale e solo dopo trattative non facili tra Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Gran Bretagna, e dopo il "sì" definitivo di Gorbaciov, la strada per la riunificazione fu spianata. 
Il modo in cui i due Stati vennero unificati fu senz'altro dettato più dalla fretta che da considerazioni ragionevoli, ma probabilmente non c'era altra possibilità. Il 3 ottobre del 1990 la DDR venne sciolta e cessando di esistere permise alle cinque regioni della ex Democratic Deutsche Republic di entrare in blocco nella Repubblica Federale. Da quel momento il 3 ottobre divenne festa nazionale della Germania (RI)Unita. 

Raffaele Giachini

Bibliografia Consigliata:
E. Collotti, Dalle due Germanie alla Germania unita, Piccola Libreria Einaudi (1992)

1 OTTOBRE 1949: LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE

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Nel 1921 venne fondato da Sun Yat-sen un proprio governo a Canton. Tale atto screditava ed indeboliva il governo centrale, ormai logoro, corrotto e succube dalle potenze straniere. In questo frangente dei giovani intellettuali, tra i quali Mao Tse-tung, diedero vita al Partito comunista cinese, il quale fornì pieno appoggio al neonato governo nazionalista. 
Effettivamente il progetto funzionò e la Cina si ritrovò libera dal giogo straniero, con una guida nella quale si riscontravano gli interessi della nascente borghesia industriale e commerciale da una parte e dei proprietari terrieri che dominavano le campagne dall’altra, il tutto sostenuto dall’Unione Sovietica. 
Nel 1925, alla morte di Sun Yat- sen, l’alleanza tra comunisti e nazionalisti si sgretolò. Il nuovo leader nazionalista, Chang Kai-Shek, nutriva profonda diffidenza nei confronti dei comunisti, espressione probabilmente della crescente preoccupazione borghese nei confronti del partito operaio. Fu così che all’alba del 1926 partì una campagna militare di riunificazione del paese, lo scopo principale era quello di scacciare il governo legale di Pechino. Già nel corso dell’anno successivo questa 

Repubblica P. Cinese

campagna poteva dirsi pressoché conclusa. 

I problemi arrivarono da Shangai, roccaforte del partito comunista, dove le milizie operaie non erano intenzionate a deporre le armi dopo la liberazione della città. Fu allora che Chang sferrò un attacco diretto contro i comunisti riuscendo a distruggerli, parallelamente altre rivolte scoppiarono nella regione di Canton e anche questa volta fu l’esercito regolare che ebbe la meglio. A questo punto Mao spinse perché il partito comunista, avendo perso le città, si riorganizzasse nelle campagne; ovvero d’ora in poi la spina dorsale del movimento operaio sarebbero stati i contadini e non gli operai. Era il 1931 ed i giapponesi sfruttarono il momento di divisione cinese per invadere la Manciuria. Il poco lungimirante Chang decise, anziché scacciare i nipponici, di lanciare un nuovo attacco nelle campagne per stroncare definitivamente il movimento comunista accerchiandolo. Effettivamente il leader nazionalista sembrò riuscire nel suo intento, le nuove campagne militari e la “lunga marcia”, datata 1934, decimarono notevolmente i comunisti, che si ritirarono nel nord del paese. Fu questo per loro il momento più critico. Durante la seconda guerra sino-giapponese nazionalisti e comunisti diedero vita ad una sorta di fronte popolare dall’equilibrio però molto precario, infatti gli scontri per il controllo di punti strategici era all’ordine del giorno. Fu proprio in questo periodo che i comunisti crearono le basi nelle campagne grazie all’appoggio di contadini, che permettevano loro di sfruttare la tattica della guerriglia. Alla fine della guerra Chang, malgrado un vantaggio in armi e consensi internazionali, godeva di scarsa popolarità tra la popolazione per essersi concentrato sui comunisti piuttosto che contro l’invasore nipponico. Per due anni si cercò di arrivare ad una sorta di compromesso anche grazie alla mediazione internazionale, da parte sia statunitense che sovietica. Il risultato ancora una volta dovette dare torto ai compromessi diplomatici in favore dell’azione diretta. Entrambi gli schieramenti erano usciti rinforzati dal punto di vista militare, l’esercito nazionalista poteva usufruire sia delle armi americane che della struttura logistica statunitense per il trasporto di viveri e uomini, dall’altro lato l’esercito di liberazione, come ora veniva chiamato dai comunisti ortodossi, poté godere delle armi che i sovietici erano riusciti a reperire dai giapponesi durante l’ultima fase del conflitto mondiale. Malgando sulla carta l’esercito di Chang fosse in vantaggio per numero di uomini e superiorità delle armi, i comunisti riportarono una serie di successi grazie ad una maggiore motivazione e soprattutto il consenso di gran parte della popolazione che gli forniva appoggio, rendendo possibile per Mao e i suoi la tattica della guerriglia. Inoltre alcune parti dell’esercito del governo di Nanchino disertarono. A nulla valsero i tentativi di riforme dei nazionalisti per ingraziarsi la popolazione. Alla fine del 1948 i comunisti cominciarono la penetrazione della Manciuria, arrivando nei primi mesi del ’49 alla presa di Pechino, che da li a poco sarebbe diventata la nuova capitale. Fu in questo momento che Chang e i suoi lasciarono il continente per rifugiarsi sull’isola di Formosa, nella città libera di Taiwan. All’appello mancavano ancora alcune città, ma ormai era solo questione di tempo prima che cadessero definitivamente in mano ai comunisti. Era il 1-10-1949 e Mao Tse-tug proclamava la nascita della Repubblica popolare cinese.

Nicolò Zanardi

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Bibliogrfia:
G. Sabatucci-V. Vidotto, Il Mondo Contemporaneo dal 1848 a oggi;
E.J. Hobsbawm, il Secolo Breve 1914-1991;
P. Bushkovitch, Breve Storia della Russia, dalle origini a Putin.

29 SETTEMBRE 1944: LA STRAGE DI MARZABOTTO

Il 29 settembre 1944, i paesi emiliani della zona di Monte Sole furono protagonisti della cosiddetta “Strage di Marzabotto”, compiuta dalle truppe tedesche della 16° divisione “Reichsfuhrer SS”, con l’ausilio di elementi delle Brigate Nere, con lo scopo di eliminare la minaccia dei partigiani in quei luoghi.
Tra le prime vittime si annoverano gli abitanti della zona di Casaglia. I soldati del 16° battaglione esplorante corazzato irruppero nella chiesa mentre il parroco, Don Ubaldo Marchioni, recitava il rosario. Uccisero lui, una donna paralizzata e altri due fedeli che si erano nascosti nel campanile; gli altri abitanti furono condotti al cimitero e lì vennero trucidati a colpi di mitra e granate.

Lasciata Casaglia, le SS si spinsero nelle frazioni di Castellano, Tagliandizza e Caprara, dove uccisero in totale 135 civili. In seguito si diressero nel centro abitato di Marzabotto, dove distrussero gran parte delle infrastrutture del paese e uccisero gli abitanti mitragliandoli. Il massacro proseguì in altri paesi come Vado di Monzumo e Grizzano.
I partigiani della brigata “Stella Rossa” tentarono di fermare la carneficina, ma non avendo le armi e i mezzi necessari furono inesorabilmente respinti perdendo sul campo il loro comandante, Mario Musolesi. I superstiti si ritirarono verso altre posizioni partigiane e alleate.
L’azione terminò il 5 ottobre. Prima di ritirarsi le Waffen SS minarono la zona causando altre 55 morti fino al 1966.

Le vittime in totale furono oltre mille tra vecchi, donne e bambini; la vittima più giovane aveva solo due settimane.
Dopo la liberazione i soldati fascisti che avevano collaborato con le SS a Marzabotto vennero condannati al carcere a vita, e alcuni in seguito scarcerati con l’amnistia nel dopoguerra.
L’esecutore della strage, il maggiore delle SS Walter Reder (nella foto a destra) , detto “il monco” per aver perso l’avambraccio sinistro in Russia, fu catturato dagli alleati a Salisburgo ed estradato in Italia dove venne processato a Bologna nel 1951; condannato all’ergastolo, scontò la pena nel carcere di Gaeta fino al 1985, quando fu liberato per intercessione del governo austriaco, morendo poi nel 1991 senza dimostrare alcun rimorso per le vittime.
Il 16 aprile 2002 il Presidente della Repubblica tedesca Johannes Rau, accompagnato dal Presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi, si è recato a Marzabotto e ha chiesto scusa in nome del popolo tedesco. 

Cesare Grande

Marzabotto
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Fonti:
http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/dossier1b.htm
https://www.storiaememoriadibologna.it/eccidio-di-monte-sol…
http://www.comune.marzabotto.bo.it/serv…/menu/dinamica.aspx…

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21 SETTEMBRE 1937: LO HOBBIT

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"In un buco sotto terra viveva un Hobbit". 
Con queste parole J. R. R. Tolkien, un professore di letteratura inglese di Oxford, da inizio ad un capolavoro che non ha età, "Lo Hobbit" o "la riconquista del tesoro". 
L'opera è considerata uno dei capi saldi della letteratura fantasy, sebbene questa nacque in realtà a cavallo dei secoli XIX e XX, ed è stata oltre che oggetto di premi ed onoreficenze, fonte di ispirazione per altri autori del settore come George R. R. Martin, (celebre creatore della saga "Game of Thrones"), definito ultimamente "il Tolkien d'America" dal Time Magazine. 
Secondo la leggenda l'autore diede inizio al libro in circostanze singolari: in un pomeriggio estivo, durante la correzione di compiti di letteratura inglese, uno degli esaminandi aveva lasciato la prova in bianco; il professore annoiato prese il foglio, lo girò e scrisse, apparentemente a caso, la celebre frase con cui inizia lo Hobbit (riportata all'inizio). 

A più riprese il racconto è stato definito come una favola per bambini, addirittura la più bella favola per bambini mai scritta fino ad allora, in realtà però, se ci si ferma ad analizzare l'opera, questa risulta molto più profonda e critica di quanto possa sembrare ad un primo impatto, tanto che dopo una profonda analisi si può paragonare (con i giusti criteri ed i giusti paramenti) l'avventura del protagonista, 

Hobbit

Bilbo Baggins a quella di Dante nel suo viaggio ultraterreno. Non è infatti un caso che Tolkien prenda come fonte di ispirazione non soltanto i classici della letteratura e della mitologia nordica come Beowolf o la stirpe del Nibelungo, ma elementi indotti dal suo profondo credo nel cristianesimo cattolico d'ispirazione agostiniana e antimodernista. 

Insieme agli altri racconti di Tolkien, "il Silmarillion" e " l signore degli anelli", "lo Hobbit" ha riscosso un successo straordinario, tanto che ancor prima della sua trasposizione cinematografica da parte di Peter Jackson nel 2012, il romanzo è entrato nell'olimpo dei 20 libri più venduti di sempre (secondo le stime della BBC al 2008 le copie vendute erano oltre 100 milioni). 
Tutto ebbe inizio un il primo giorno di autunno alla fine degli anni '30, era il 21-09-1937 ,"lo Hobbit" veniva pubblicato per la prima volta.

Nicolò Zanardi 

17 SETTEMBRE 1787, GLI STATI UNITI HANNO LA LORO COSTITUZIONE

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Alla fine della guerra dei Sette Anni, ovvero nel 1763, la maggior parte degli americani era ancora strettamente legata alla Gran Bretagna e ai vincoli di interesse e di prestigio con la corona inglese, in pratica quasi nessuno dei coloni covava idee indipendentistiche. Eppure, proprio dal 1763, i ministri di Giorgio III tentarono di rafforzare il controllo sulla vita economica e politica delle colonie d’oltreoceano. Il motivo principale era che la dispendiosa guerra appena conclusasi aveva raddoppiato il debito nazionale inglese e spinto le tasse a livelli mai raggiunti prima. Occorreva denaro e sembrava giusto e ovvio che i coloni americani, che erano poco tassati e per la maggior parte benestanti, si accollassero anch’essi il peso del mantenimento dell’impero. Il Ministro Greenville iniziò così un piano finalizzato a tassare e a reperire i fondi necessari. Dieci anni di controversie sfociarono infine in una rivolta armata e, nel 1776, alla Dichiarazione d’Indipendenza che portò le colonie ad affermare “di assumere, fra le potenze della terra, lo stato di separazione e uguaglianza a cui le leggi naturali e divine davano loro il diritto”.

Il 12 giugno 1776 il Congresso Continentale nominò un Comitato dei tredici,

Costituzione USA

uno per ogni colonia, che aveva il compito di stendere una costituzione. Il governo centrale, previsto da queste costituzioni, era molto debole, essenzialmente perché mancava dei due poteri più forti e incisivi, ovvero quello di imporre le tasse e quello di regolare il commercio. Ne nacque una lunga controversia che continuò anche dopo la guerra d’indipendenza e che, secondo Dickinson, non aveva dato vita a un governo ma bensì a “una salda lega d’amicizia”. Dal 25 maggio al 17 settembre 1787 fu quindi proclamata una riunione della Convenzione Federale che si incontrò a Philadelphia. Ogni stato era rappresentato da 55 delegati e tutti passarono alla storia come “i padri fondatori”. Quest’ultimi nominarono all’unanimità Washington presidente e decisero di stendere una nuova costituzione. Anche se vi era un vasto accordo sui principi e sullo schema di governo, l’intesa sui particolari mancava. Tutti erano d’accordo sull’esistenza di un governo centrale, ma nessuno voleva abolire le proprie autorità statali. Il conflitto si combatteva sui piani teorici quindi, come quello degli schiavi. Gli stati del Sud volevano infatti che nel novero della popolazione, che in base al suo numero assegnava i seggi della camera, fossero inclusi anche gli schiavi. Gli stati del Nord invece volevano che gli schiavi venissero esclusi dalla rappresentanza dato che non erano né cittadini né votanti. Il risultato fu un compromesso rinominato “la clausola dei tre quinti” per cui ogni schiavo valeva tre quinti di un uomo libero. Questo è solo un esempio delle innumerevoli questioni che furono fonte di dibattito in quei mesi del 1787, per alti argomenti fu invece impossibile trovare un punto ragionevole di incontro. Le dispute fra stati più grandi e più piccoli e fra stati economicamente più forti e più deboli risultarono insanabili. Queste controversi rallentarono i lavori della Convenzione che, una volta terminata la stesura degli articoli, si convinse che sarebbe stato impossibile avere l’approvazione di tutti e 13 gli stati e così decise che ne sarebbero bastati nove. Era il 17 settembre del 1787.

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Ma i dibattiti accesi fra chi sosteneva la Costituzione e chi no erano ancora in vigore. Gli oppositori non vedevano di buon occhio i poteri che venivano assegnati sia al governo centrale che al presidente stesso. Uomini illustri come Patrick Henry e George Mason si opposero con tutte le loro forze all’approvazione della carta costituzionale. La ratifica fu facilmente approvata nel Delaware, nel New Jersey e in Georgia, passò anche in Pennsylvania e nel Connecticut, ma la vera partita si combatteva nello stato del Massachusetts che approvò la Costituzione con uno scarto di appena 19 voti. Fu poi la volta del Maryland e del South Carolina, rispettivamente il settimo e l’ottavo stato a ratificare la Costituzione. Nel giugno 1788 il New Hampshire votò a favore della Costituzione che adesso, tecnicamente, sarebbe potuta entrare in vigore. Eppure senza l’appoggio della Virginia e dello stato di New York essa non avrebbe acquisito l’efficacia necessaria per imporsi. Nello stato più vasto e popoloso, ovvero in Virginia, si scontrarono verbalmente gli oppositori alla Costituzione, come il già citato Patrick Henry, e chi era favorevole alla sua ratifica, come Madison. Il 25 giugno 1788 la Virginia, con una risicata maggioranza, decise per l’approvazione della Costituzione. La decisione della Virginia convinse anche lo 

stato di New York che, un mese dopo, ratificò anch’esso la Costituzione. Erano rimaste fuori North Carolina e Rhode Island, che declinarono l’invito del 1787, ma ormai il governo era pronto a cominciare e, come ultimo gesto, il Congresso Continentale indisse le elezioni nazionali per il gennaio del 1789.

Tralasciando la guerra d’indipendenza e le cruenti battaglie che ne hanno segnato il corso, non potevamo parlare della Costituzione americana senza citare gli episodi che la portarono a nascere. Quest’ultima è “la legge suprema dello stato” e nonostante i duecento anni che sono trascorsi dalla sua creazione essa non ha subito notevoli cambiamenti, malgrado gli scossoni che hanno spesso minato le fondamenta degli Stati Uniti. E’ la Costituzione più antica del mondo ancora in vigore, ha costituito il modello di tutte quelle che sono venute dopo e, nel bene e nel male, essa regola la democrazia del paese che guida il nostro pianeta.

"Noi, il popolo degli Stati Uniti, al fine di perfezionare la nostra Unione, garantire la giustizia, assicurare la tranquillità all'interno, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale, salvaguardare per noi e per i nostri posteri il bene della libertà, poniamo in essere questa Costituzione quale ordinamento per gli Stati Uniti d'America."

Raffaele Giachini

Bibliografia:

Maldwyn A.Jones: Storia degli Stati Uniti D'America

12 SETTEMBRE 1940: LA SCOPERTA DELLE GROTTE DI LASCAUX

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Chi di noi non ha mai fatto quattro passi in mezzo alla natura per respirare un po’ di aria fresca, per chiacchierare con due amici o per “evadere” un po’? Questo è esattamente quello che stavano facendo quattro ragazzi francesi nel bosco vicino a Montignac, nella Francia sud-occidentale, il 12 settembre del 1940. Nulla di strano fino a qui, almeno fino a quando Marcel Ravidat, Jacques Marsal, Georges Agnel e Simon Coencas non si sono imbattuti in uno strano buco nel terreno. Data la loro età, tutti neanche ventenni, la curiosità prese subito il sopravvento e allargarono il foro in modo tale da poterci passare attraverso. Quello che si trovarono di fronte fu semplicemente straordinario: figure di uomini e animali dipinte sulle pareti con assoluta dovizia di particolari. Né i ragazzi né Lèon Laval, l’insegnante di Marcel che andò con loro il giorno successivo, si resero subito conto dell’importanza di quella scoperta che, negli anni a venire, rivoluzionò il modo di pensare le capacità artistiche degli uomini del Paleolitico. Le grotte di Lescaux sono un esempio unico al mondo di arte parietale del Paleolitico, anche se non è ancora ben chiaro il significato e il contesto nel quale sono state svolte le pitture. Sulle pareti troviamo, divise in diverse “stanze”, circa 6000 fra figure di animali, figure umane e segni astratti, tutti spesso colorati con colori vivaci come l’ocra e il rosso e datate a più di 17000 anni fa. La grande realisticità di queste 

figure ha permesso di individuare a quali animali si riferiscono: troviamo principalmente cervi, cavalli, mucche e uri, un grande bovino ormai estinto.

Grotte di Lascaux
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Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le grotte sono state aperte al pubblico ma la loro storia “turistica” è stata, ed è tutt’ora, travagliata. Circa vent’anni dopo l’apertura, nel 1963, le grotte sono state chiuse per consentire il restauro delle pitture ormai deteriorate a causa dall’aumento vertiginoso nell’ambiente di CO2 prodotta dai più di 1000 visitatori giornalieri. Nel ’98, probabilmente a causa del cambiamento delle condizioni climatiche interne alla grotta, è stata individuata una infestazione fungina che si è poi ripresentata del 2007. Attualmente le grotte non sono quindi visitabili direttamente ma a qualche centinaio di metri dall’ingresso è stata allestita una riproduzione molto fedele, sia per i dipinti che per l’ambiente interno alla grotta, che consente ugualmente un bel tuffo nel Paleolitico.

Evandro Balbi

Nelle Foto (foto di pubblico dominio):
- Raffigurazione di un uro
- Raffigurazione di un cavallo denominata “Il cavallo colpitod a frecce”
- L’entrata delle grotte di Lascaux i gironi successivi alla scoperte (a sx: Lèon Laval e Marcel Ravidat)
- Planimetria della Grotta di Lascaux con la suddivisione interna a “stanze”

Bibliografia:
Nechvatal, Joseph (2011). Immersion Into Noise. Ann Arbor: Open Humanities Press. pp. 74–76. ISBN 978-1-60785-241-4. Retrieved 30 December 2012;
"Lascaux's 18,000-year-old cave art under threat". Phys.org. Retrieved December 28, 2016
Dickson, D. Bruce (1992). The Dawn of Belief: Religion in the Upper Paleolithic of Southwestern Europe;
Julien d'Huy (2011). "La distribution des animaux à Lascaux reflèterait leur distribution naturelle", Bulletin de la Société Historique et Archéologique du Périgord CXXXVIII, 493-502
Dickson, D. Bruce (1992). The Dawn of Belief: Religion in the Upper Paleolithic of Southwestern Europe. ISBN 9780816513369.

Sitografia:
http://archeologie.culture.fr/lascaux/en
https://www.youtube.com/watch?v=vkz2sWg2pf8
https://www.youtube.com/watch?v=1g4vNH5Qxrg

11 SETTEMBRE 2001: LE TORRI GEMELLE

11 Settembre 2001: due aerei si schiantano contro le Torri Gemelle di New York, facendole crollare.
Un terzo aereo si schianta contro il Pentagono mentre il quarto, diretto al Campidoglio, precipita nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania, senza procurare ulteriori danni.
America under attack: compare su tutti i telegiornali.
L'attentato è diretto da Al-Qaida, un'organizzazione terroristica islamista presieduta da Osama Bin Landen, e segna profondamente la storia non solo statunitense ma mondiale. Un attentato che era stato pianificato nei dettagli e che è quasi del tutto riuscito nell'intento.
Le vittime sono più di duemila tra lavoratori presso il WTC, passanti e passeggeri a bordo degli aerei dirottati. 125 sono le vittime dell'attacco al Pentagono. I feriti, invece, superano i 6000.
L'economia statunitense riceve una notevole battuta d'arresto, ma ciò che più 

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Torri Gemelle
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scuote il paese è il terrore. New York, così come gli interi Stati Uniti, sono sempre apparsi come inviolabili e inattaccabili, e l'attentato ha portato alla luce ciò che fino a quel momento non si pensava possibile: la consapevolezza che anche New York è vulnerabile.Da quel momento i controlli in aeroporto vengono intensificati, le misure anti-terrorismo amplificate, la guerra in Oriente continua più feroce di prima e la ricerca di Bin Laden diventa un obiettivo politico e sociale, che viene portato a termine dieci anni dopo.Nel 2011, in una parte del Ground Zero, viene costruito un memoriale per le vittime dell'11 Settembre e il World Trade Center viene ricostruito con il nome di One World Trade Center, o Freedom Tower, nel 2014.Il sindaco Giuliani, il giorno dell'attentato, dichiarò: “Noi ricostruiremo. Noi ne usciremo più forti di prima: più forti politicamente, più forti economicamente”. E così è stato.Ma l'attentato rimarrà per sempre una ferita indelebile nella storia americana.

Michela Bianco

FONTI
Il messaggero.it
Il giornale.it
The tower builder (J. Seabrook)
Accadde oggi: 11 settembre 2001, l'attentato alle Torri Gemelle (N. Capecchi)

31 AGOSTO 1969 - MUORE ROCKY MARCIANO 

A causa di un incidente aereo, il 31 agosto 1969 muore la stella della boxe Rocky Marciano.
Il pugile italo-americano Rocco Francis Marchegiano, passato alla storia col nome di Rocky Marciano, si ritirò dal mondo del ring con un record di 49 vittorie e nessuna sconfitta.
Fisico tarchiato, lento, con una tecnica grezza e dotato di un allungo inferiore alla media dei massimi, Marciano compensava tutti questi limiti con l'aggressività, la resistenza fisica e col suo destro terrificante che gli valse il soprannome di “ Il bombardiere di Brockton”.
Venne e viene considerato tutt'ora uno dei più grandi pugili di tutti i tempi anche se il suo record di imbattibilità fu battuto 61 anni dopo, dal pugile Floyd Mayweather. 

Beatrice Citron

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Rockhy Marciano

31 AGOSTO 1888: JACK LO SQUARTATORE

Jack Lo Squartatore o Jack The Ripper detto all’inglese è un omicida che in questo giorno nel 1888, nel quartiere di Whitechapel, uccideva la sua prima vittima: Mary Ann Nichols. Le vittime preferite di Jack Lo Squartatore erano prostitute, alle quali venivano tagliata la gola e martoriati i corpi fino ad asportare gli organi. Il suo modus operandi presuppone una determinata conoscenza del corpo umano perciò fu ipotizzato che l’assassino appartenesse all’alta società londinese e che fosse una persona colta. Più avanti si pensò che l’autore di questi macabri omicidi fosse un macellaio per la brutalità con cui seviziava le sue vittime. Gli omicidi continuarono per alcuni mesi e le vittime accertate riconducibili alla mano di Jack Lo Squartatore furono cinque: Annie Chapman (8 settembre 1888), Elizabeth Stride (30 settembre 1888), Catherine Eddowes (30 settembre 1888) e Mary Jane Kelly (9 novembre 1888).
La polizia londinese brancolava nel buio, le testimonianze erano poche e prive di qualcosa che aiutasse gli inquirenti ad avvicinarsi all’assassino. Le teorie su chi potesse essere Jack Lo Squartatore si moltiplicarono nel corso degli anni, ancora oggi a volte escono articoli e studi sulla sua identità, sui suoi tratti e vengono creati “profili criminali”. Alcune lettere furono consegnate alla polizia e firmate “Jack The Ripper” nel periodo in cui erano stati commessi gli omicidi e la polizia accusava innocenti per ottenere credibilità di fronte alla popolazione. Una delle più famose è 

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Jack lo Squartatore
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conosciuta come “From Hell”, “Dall’inferno”: a questa lettera fu allegato il rene di una delle vittime (Catherine Eddowes). Non ci sono certezze sull’autore della lettera, anzi si ipotizza che sia addirittura uno scherzo, eppure altre lettere sono state ricondotte all’assassino, il quale si burla della polizia e dei mestieri che gli venivano attribuiti (macellaio, dottore).

Jack Lo Squartatore ha portato alla nascita di film, naturalmente, uno dei più famosi con Johnny Depp: “La vera storia di Jack Lo Squartatore” (2001). 
Nonostante le teorie che hanno proposto svariati colpevoli, la leggenda e il mistero aleggiano ancora accanto al nome di Jack Lo Squartatore. 

Alessandra Sansò

29 AGOSTO 2005: L'URAGANO KATRINA

Il 23 agosto 2005 comincia la formazione di uno degli uragani più devastanti della storia americana: l’uragano Katrina. Durante la formazione di un uragano l’aria umida risalente dal mare, in questo caso l’Oceano Atlantico, si condensa portando alla formazione di sistemi di nubi. Per la forza di Coriolis si genera quindi un vortice che comincia a girare attorno a quello che viene chiamato “Occhio del Ciclone”, un’area “serena” all’interno della quale la pressione atmosferica è estremamente bassa. Katrina si formò inizialmente al di sopra delle isole Bahamas e il 25 agosto colpì la parte sud-orientale della Florida con raffiche fino a 130 km/h. 

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Successivamente si spostò sul Golfo del Messico dove, grazie a nuove correnti di aria calda e umida, si rinforzò fino a raggiungere la categoria 5, il gradino più alto della scala Saffir-Simpson per la categorizzazione degli uragani nel quale gli effetti vengono classificati come “disastrosi”. Ci si attende infatti gravissimi danni agli edifici, fino al loro possibile abbattimento, ed estese inondazioni che possono superare i 6 metri di altezza rispetto al livello medio mare e perciò si richiede l’evacuazione totale delle zone costiere pianeggianti fino a 16km nell’entroterra. Il 29 agosto Katrina colpì Mississippi e Louisiana devastando più di 160 km di costa e causando la morte di più di 1800 persone. La città più colpita fu New Orleans, sopra la quale arrivò declassato a categoria 3, che finì quasi totalmente sott’acqua: per mesi alcune strade della città rimasero sommerse. Circa 400.000 persone furono obbligate a lasciare la propria casa e a cercare un alloggio temporaneo. 25.000 persone furono accolte al Mercedes – Benz Superdome, che rimase senza luce e senza aria condizionata durante il passaggio dell’uragano. Sulla terraferma Katrina, data la mancanza di alimentazione di correnti d’aria calda e umida, perse velocemente potenza e si esaurì definitivamente il 30 agosto lasciando dietro di sé miliardi di dollari di danni e migliaia di vite spezzate. L’amministrazione dell’allora presidente Bush ricevette moltissime critiche a causa dell’organizzazione scadente e della gestione indegna dell’emergenza. Inoltre, Bush fu accusato di non essersi occupato degnamente della comunità di colore che rappresentava la maggior parte dei cittadini di New Orleans.

Alessandra Sansò - Evandro Balbi

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VIDEO:
- A questo link potete trovare una animazione che mostra lo sviluppo dell’uragano Katrina dal 23 al 30 agosto 2005.
https://svs.gsfc.nasa.gov/3251

- A questo link potete trovare vari video amatoriali messi insieme da RaiNews
http://www.rainews.it/…/New-Orleans-dieci-anni-uragano-Katr…

Nelle foto:
- Sfollati di New Orleans fuori dallo stadio Superdome di New Orleans, 1 settembre 2005. (DAVID J. PHILLIP/AFP/Getty Images. Il Post)
- Lo stadio di football Superdome di New Orleans visto dall'elicottero presidenziale Air Force One, 31 agosto 2005. (JIM WATSON/AFP/Getty Images. Il Post)
- Un elicottero di salvataggio sopra una casa di New Orleans nel settembre 2005 (DAVID J. PHILLIP/AFP/Getty Images. Il post)

Sitografia:
https://www.ilpost.it/2015/08/29/katrina/
http://edition.cnn.com/…/POLITI…/03/02/fema.tapes/index.html
http://www.foxnews.com/…/29/katrina-heads-for-new-orleans.h…
http://www.esa.int/SPECIALS/Eduspace_IT/SEMNYFZXHYG_0.html
https://www.nhc.noaa.gov/aboutsshws.php
http://www.rainews.it/…/New-Orleans-dieci-anni-uragano-Katr…

24 AGOSTO 2016 - Il TERREMOTO DI ACCUMOLI

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Due anni fa, alle 3.36 del 24 agosto, un terremoto di sesto grado, con epicentro ad Accumoli, distrusse sogni, speranze e vite. Come in un conflitto, senza però nessuna dichiarazione di guerra, la terra iniziò a tremare senza sosta, minando le certezze di una quotidianità che, da quel giorno, non sarà più la stessa. Luoghi come Amatrice, Arquata del Tronto, Pescara e altre comunità, che furono spazzate via in pochi secondi, sono tristemente entrati nella mente e nei pensieri di tutti gli italiani. Eppure, il dolore e la tristezza, che hanno invaso il cuore e l’animo dei parenti delle vittime e delle persone che hanno perso tutto, possono essere descritti e spiegati solo da chi è stato svegliato di soprassalto dal fragore e dal rumore della morte. Al di là della distruzione, delle macerie e delle lacrime, il terremoto è stato un evento di impareggiabile portata. 

Terremoto di Accumoli
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Quattro regioni colpite, 299 vittime e un futuro che riserverà altre amarissime sorprese a questo indomito popolo. Il 30 ottobre infatti l’ennesima scossa, questa volta di 6.5 gradi, si abbatte sulle stesse zone distruggendo definitivamente quelle poche e residue speranze di tornare ad una vita normale. La seconda scossa più forte mai registrata dal secondo dopo guerra diede il là ad una paura irrefrenabile, contagiosa e inarrestabile. Se nei giorni successivi alla scossa vi foste trovati nelle zone del cratere non avreste sentito parlare d’altro che del mostro che di notte viene e distrugge tutto. Il coraggio, che fino a quel momento non venne mai meno, iniziò a vacillare e a scomparire. Eppure, il tempo cura tutte le ferite, e anche queste, seppur profonde, con forza e determinazione stanno iniziando a rimarginarsi. Ma la strada è ancora lunga, come è lunga 

la strada della ricostruzione, figlia quest'ultima di una macchina burocratica che rallenta il da farsi ma non la voglia di tornare a respirare aria di casa. Ci si arrangia, si torna in quei posti anche solo per 24 ore come a dire "io ci sono ancora e non ti ho lasciato!". Orgoglio, senso di appartenenza e voglia di non mollare, sono questi gli ingredienti che hanno caratterizzato gli ultimi due anni del Centro Italia. Due anni difficili, duri, indescrivibili ma che hanno unito uomini, donne e bambini in un unico obiettivo, tornare lì dove tutto può ancora rifiorire. 

Raffaele Giachini

Per saperne di più sui terremoti

potete leggere il nostro Articolo:

LA SISMOLOGIA

Nelle foto:
- Danni causati dal terremoto del 24 agosto ad Arquata del Tronto (Foto personali di Raffaele Giachini)
- Dislocamento in metri della faglia che ha causato il terremoto (Modello CNR IREA)
- Foto aerea che mostra i danni del terremoto ad Amatrice
(AP Photo/Gregorio Borgia. Il Post https://www.ilpost.it/…/24/terremoto-amatrice-accumoli-foto/)

20 AGOSTO 1858: DARWIN: TEORIA DELL’EVOLUZIONE E RIVOLUZIONE DELLE TEORIE

Il giorno 20 agosto 1858 sul “Journal of the Proceedings of the Linnean Society of London”, una delle riviste più importanti all’epoca per quanto riguarda la tassonomia e le scienze naturali, viene pubblicato un articolo che segnerà l’inizio di una vera e propria rivoluzione scientifica che scuoterà profondamente le fondamenta della società. Il titolo era “On the Tendency of Species to form Varieties; and on the Perpetuation of Varieties and Species by Natural Means of Selection” e comprendeva due manoscritti, il primo di Alfred R. Wallace, naturalista ed esploratore gallese, ed il secondo di Charles Darwin. Quest’ultimo è un estratto di un’opera non ancora pubblicata, quella che sarà conosciuta poi come “On the Origin of Species” e pubblicata il 24 novembre dell’anno successivo, dove Darwin anticipa la teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale. Attraverso la sua teoria Darwin sostiene, grazie a una moltitudine di prove scientifiche (biologiche, paleontologiche etc..) raccolte nei suoi viaggi, che all’interno di una popolazione gli individui con caratteristiche ottimali per la sopravvivenza, ovvero che meglio si adattano all’habitat, prevarranno sugli altri.

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Darwin
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In questo modo la specie sopravvivrà evolvendosi grazie alla “sopravvivenza del più forte”. Tale teoria sarebbe da applicare tanto agli animali quanto al genere umano e questo, in un’epoca in cui i dogmi creazionisti della chiesa cristiana erano ancora alla base dello studio della natura, portò a feroci critiche principalmente da parte della chiesa Anglicana che accusò Darwin di andare contro alle Sacre Scritture. Come successe con Galileo che dopo 350 anni dalla sua morte “ricevette” le scuse da parte della Chiesa Cattolica, però anche la Chiesa Anglicana fece un coraggioso passo indietro e nel 2008, dopo 126 anni, riconobbe di aver “incoraggiato altri ad una falsa interpretazione del Darwinismo”. 

Evandro Balbi

Nelle immagini:
- Charles Darwin;
- La HMS Beagle. La nave che accompagno Darwin nei suoi viaggi;
- “The Origin of Species” prima edizione in 1250 copie esaurite in breve tempo. In totale furono stampate 7 edizioni;
- Una caricatura della cultura popolare che mostra il viso di Darwin sul corpo di una scimmia per identificarlo come il padre della Teoria dell’Evoluzione.

Sitografia:
http://rpdata.caltech.edu/…/articl…/Ternate_1858_Wallace.pdf
http://www.smtvsanmarino.sm/…/20-agosto-1858-darwin-anticip…
http://darwin-online.org.uk/content/frameset…
http://darwin-online.org.uk/…/Freeman_TendencyofVarieties.h…
https://onlinelibrary.wiley.com/…/j.1096-3642.1858.tb02500.x
http://pikaia.eu/la-chiesa-anglicana-si-scusa-con-darwin/

Fonti Immagini:
https://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Darwin…
https://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Darwin…
https://it.wikipedia.org/wiki/L%27origine_delle_specie…
https://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Darwin…

18 AGOSTO 2018: ELOGIO AL PONTE MORANDI

Oggi, 18 agosto, a Genova si terranno i funerali cittadini per il crollo del ponte Morandi. 
Una tragedia che ha squarciato in due non solo la città, non solo la Liguria ma l'intera nazione. Si parla di un nuovo muro di Berlino, che divide la città in due parti che ancora oggi non comunicano con facilità. Ma dietro le diatribe politiche, le accuse e i post a catena sui social si trova il dolore che ogni persona sta provando in questi giorni. Un dolore che non si pensa di poter provare, perchè quando i disastri succedono accadono lontano da noi. Le Torri Gemelle erano a New York, l'attentato è stato a Parigi... questa volta invece è Genova ad essere sferzata, una città che si risolleva anno dopo anno da inondazioni e crolli, e che sta dimostrando ancora una volta di essere in
grado di combattere grazie a pompieri, medici, volontari, cani, e tutti coloro che hanno aiutato e stanno ancora aiutando le vittime dell'incidente.
Oggi i funerali servono per celebrare le vittime, i feriti e chi ha perso e perderà qualcosa a causa del crollo. Una commemorazione che toccherà nel profondo non solo i genovesi, ma tutti gli abitanti d'Italia che affrontano disastri di continuo e sempre a testa alta.
La maggior parte dei nostri redattori e collaboratori è ligure, e sparsi per la regione abbiamo provato in prima persona cosa significhi essere divisi nonostante ci si trovi a pochi chilometri gli uni dagli altri. Ci siamo chiesti come fosse possibile, ci siamo ripetuti quanto fosse ingiusto, e più di una volta abbiamo dichiarato "Quante volte ci sono passato su quel ponte". 
Perchè non importa la nazionalità, l'orientamento politico o religioso: su quel ponte c'eravamo tutti, e i funerali di oggi riguardano ognuno di noi.

Tutta la redazione di Ignotus si unisce al cordoglio e si stringe attorno alle famiglie delle vittime.

Ponte Morandi
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17 AGOSTO 1945: LA FATTORIA DEGLI ANIMALI

``Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri.´´
Questa frase è scritta nella sezione finale del capolavoro di George Orwell: “La fattoria degli animali”. La sua contraddizione è evidente e voluta, così come lo sviluppo della trama stessa. Orwell scrive questo libro con l'intenzione di testimoniare il fallimento idealistico della Rivoluzione Russa. Anche se completa già nel 1937 (Orwell stava combattendo nella guerra civile spagnola contro i franchisti), “La fattoria degli animali” non vede la luce prima del 1945 a causa di censura dall'Unione Sovietica.

Il racconto vede gli animali di una fattoria ribellarsi all'Uomo per costituire una società di eguali. Questo era il sogno del comunismo di Marx: è identificato nel Vecchio Maggiore, un maiale anziano che dà la scintilla ideologica per far partire la rivoluzione. Essendo questo un racconto simbolico della Rivoluzione Russa, ogni animale o “classe” di animali rappresenta infatti una controparte umana realmente esistita. Dopo aver scacciato il loro padrone umano (il vecchio regime zarista), gli animali devono combattere un'alleanza di padroni delle altre fattorie vicine che li vogliono schiacciare per evitare altre insurrezioni come la loro: è un chiaro riferimento alla guerra civile fra l'Armata Bianca e l'Armata Rossa. Con la vittoria animale si fa valere in particolare il maiale Palladineve (Trockij) che si porta a capo della coalizione rivoluzionaria. Questi fa scrivere, sul lato di un edificio della fattoria, sette comandamenti che rappresentano gli ideali rivoluzionari: l'ultimo, il più sacro e importante, recita “Tutti gli animali sono uguali”. Tuttavia Palladineve è in contrasto con le idee di un altro maiale, Napoleon

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La Fattoria degli Animali

(Stalin); la tensione fra i due cresce fino a che Napoleon non scaccia Palladineve dalla fattoria tramite l'uso di suoi cani da guardia (la polizia segreta sovietica) e prende il controllo della fattoria come dittatore assoluto. Il nuovo leader inizia un progressivo smantellamento dei piani originali della rivoluzione, inclusa la modifica dei comandamenti. I maiali sono privilegiati e tutti gli altri animali non sono che strumenti da sfruttare fino alla morte (naturalmente si reprime con la violenza qualunque dissenso).

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Napoleon arriva a questo risultato tramite una campagna di disinformazione impressionante, che non disdegna la distorsione degli eventi avvenuti in passato e che vede Palladineve come la causa di ogni male della fattoria. Col tempo Napoleon e gli altri maiali iniziano a commerciare con gli umani, a vestirsi e a muoversi come loro, finché la linea che li separa non esiste più. È a questo punto della storia che anche l'ultimo, inviolabile comandamento viene distorto nella frase all'inizio di questo articolo.
Qui mi preme una precisazione. Nell'omonima opera cinematografica del 1954 vi sono due importanti differenze rispetto al libro: 1)Palladineve viene eliminato e non scacciato dai cani;
2)Il finale cinematografico dà un barlume di speranza (e soddisfazione) rispetto al finale originale del libro: gli animali comprendono 

finalmente cosa succede e si ribellano a Napoleon e ai maiali.Un' ultima curiosità: Orwell decise di usare degli animali di una fattoria perché una volta vide un ragazzo frustare un cavallo da tiro, e si rese conto di quanto facilmente quest'ultimo si sarebbe potuto ribellare se avesse avuto coscienza della propria forza.

Stefano De Gioia

Fonti:
1) Bright Hub Education: 'Parallels Between “Animal Farm" and the Russian Revolution'
2) Liberiamo Network: 'La fattoria degli animali, il capolavoro in cui Orwell smaschera gli ideali utopici della Rivoluzione Russa'

15 AGOSTO 1969: WOODSTOCK

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Il 15 agosto 1969 cominciò il Festival di Woodstock con l’adesione di 500.000 persone nella cittadina di Bethel, nello Stato di New York. Quattro giornate dedicate alla musica che portarono sul palco artisti come Jimi Hendrix, Santana, Janis Joplin e The Who. Il festival passò alla storia, ancora oggi viene usato come metro di paragone quando si descrive un grande raduno di persone. Le foto di quel concerto ci riportano agli anni della diffusione della cultura hippie, già diffusa negli Stati Uniti e che aveva già influenzato letteratura, arte e musica; proprio il festival di Woodstock è considerato l’evento principale di questo movimento. Il Festival di Woodstock fu al centro di polemiche poiché gli organizzatori non erano preparati a una tale affluenza e le condizioni igieniche non erano adatte a così tante persone, accampate nel grande prato già da diversi giorni. 

La Warner Bros ne realizzò un film che, distribuito in tutto il mondo, contribuì all’entrata nella mitologia del rock di alcuni grandi nomi. Tra questi, quello di Joe Cocker, che cimentandosi in un ballo spasmodico e ciondolante, spiccò grazie ad un’originale interpretazione di With a little help from my Friends dei Beatles. Leggendaria è anche la versione dell’inno nazionale americano eseguita da Jimi Hendrix, impugnando una Fender Stratocaster dal suono distortissimo; una canzone 

Woodstock

contro la guerra, che si confermò la ciliegina sulla torta del festival. Uno dei gruppi che risaltò maggiormente, esibendosi con un’indiavolata I’m Going Home, fu quello dei Ten Years After capitanato da Alvin Lee, a quei tempi giudicato la chitarra più veloce del mondo. Ad eccezione di Richie Havens e Sly and the Family Stone, non ci furono musicisti afroamericani a Woodstock. Un aspetto, questo, che lo rese un festival “di bianchi per i bianchi”, nonostante l’ideologia dichiaratamente progressista. 

Linda Vassallo - Alessandra Sansò

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Bibliografia: 
FABBRI F., Around The Clock – Una breve storia della popular music, Da Agostini Libri S.p.A, Novara, 2016
Ernesto Assante, Gino Castaldo: Il tempo di Woodstock, Libreriauniversitaria

Fonti Immagini:
https://www.boredpanda.com/woodstock-women-fashion-1969/…
https://www.pinterest.it/pin/547539267167335743/
https://www.pinterest.it/pin/321092648425351820/
https://www.pinterest.it/pin/250864641724388309/

13 Agosto 1961: IL MURO DI BERLINO

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La contrapposizione tra le due superpotenze USA e URSS, nel corso della “Guerra Fredda”, vanta numerosi simboli ed avvenimenti; il più celebre tra i quali è il Muro di Berlino, che divise fisicamente la capitale tedesca per quasi un trentennio. La questione tedesca fu da subito motivo di attrito tra i due blocchi: dopo Yalta e Poznan arrivò subito una crisi, nel 46, che sospese momentaneamente gli accordi tra americani e sovietici.  Rimase comunque una convinzione di fondo, da entrambe le parti, di un rifiuto ad un conflitto armato. La

Muro di Berlino

questione tedesca fu da subito motivo di attrito tra i due blocchi: dopo Yalta e Poznan arrivò subito una crisi, nel 46, che sospese momentaneamente gli accordi tra americani e sovietici. Rimase comunque una convinzione di fondo, da entrambe le parti, di un rifiuto ad un conflitto armato. La Germania era sempre stata vista dai sovietici come una chimera, in parte a causa della guerra, ma soprattutto dopo il 1955 quando la RFT entrò a far parte della NATO riarmandosi. Andò così ad infrangersi il sogno sovietico di una Germania neutrale. I problemi economici delle DDR portarono a conseguenti crisi politiche della stessa sin dal 1953. La situazione divenne insostenibile nell’estate del 1961: di fronte all’ennesima crisi economica Ulbricht chiese aiuto a Kruscev (leader dell'Unione Sovietica), non riuscendo a fermare il flusso migratorio da Berlino Est verso Berlino Ovest. 

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I comunisti trovarono una soluzione nella divisione fisica della capitale, malgrado questo Kruscev chiarì che l’accesso militare delle potenze occidentali non ne avrebbe risentito, lasciando a J.F.K. la possibilità di rispondere solo con una semplice condanna a fatto compiuto. 
Una mattina di metà agosto i berlinesi si svegliarono e, guardando da ovest a est e viceversa, poterono constatare che la loro città era ora, letteralmente divisa da un "muro". Era il 13-08-1961.

Nicolò Zanardi

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Bibliografi:
P. Bushkovitch, Breve storia della Russia dalle origini a Putin, Torino 2013.
S. Luconi, La “nazione indispensabile” storia degli Stati Uniti dalle origini a oggi, Milano 2016.
G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi, Bari-Roma 2008.

Immagini:
https://www.pinterest.it/
https://www.berlino.com/muro-di-berlino/
https://www.ilmitte.com/2016/11/09/berlino-est-2/

12 AGOSTO 1944 - BOMBARDAMENTO SUL PONENTE LIGURE

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Il 12 agosto 1944 è una data tragica per la Liguria di Ponente.
Il gruppo di bombardieri BG 461 dell' Air Force statunitense sganciò ordigni su Albenga, Toirano, Tosse, S. Bernardo in Valle, Vado, la Strà, Savona, Celle Ligure e Varazze.
Fu uno dei raid più terrificanti e scientificamente studiato per ottenere il massimo terrore e il maggior numero di vittime, Organizzato per distogliere le attenzioni difensive nazi-fasciste da uno sbarco in Provenza, causò la morte di circa 200 persone e rase al suolo case, chiese e strade.

Beatrice Citron

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Bibliografia: 
Bombardamenti su Savonsa di ISREC

Sitografia:
https://www.arenzanotracieloemare.it/LIBRO_L…/LaStoria-4.pdf

Fonti immagini:
https://it.wikipedia.org/wiki/Consolidated_B-24_Liberator…

8 AGOSTO 1786: LA NASCITA DELL’ALPINISMO

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Re delle Alpi e tra le più importanti montagne della Terra, il Monte Bianco rappresenta il punto d’origine dell’alpinismo. Anche in epoche antiche possiamo trovare alcuni aneddoti sulle scalate, come quello di Petrarca sul Mont Ventoux, ma rimangono singoli episodi, senza un seguito immediato. La prima ascensione al Monte Bianco, avvenuta l’8 agosto 1786, diede invece il via al primo periodo dell’alpinismo, diventato velocemente una moda tra gli aristocratici d’Europa. La storia della conquista di questa montagna gira intorno a tre personaggi e un succulento premio. 

Monte Bianco

Horace-Bénédict de Saussure, scienziato e naturalista originario di Ginevra, desiderava portare i suoi esperimenti sull’atmosfera ad una quota molto più elevata rispetto a quella del suolo. Il suo sguardo si posò su una montagna che, anche da lontano, sembrava dominare con la sua imponenza il Lago di Ginevra: il Monte Bianco. Lo scienziato ginevrino, prendendo una decisione prudente, decise nel 1760 di elargire una ricompensa a chiunque avesse trovato una via sicura per la vetta più alta delle Alpi. Anche se oggi la salita alla cima può sembrare relativamente facile, per l’epoca arrivare a 4808 metri era un’impresa, sia perché bisognava sfidare i pericoli della scalata, sia perché c’era da sconfiggere il timore sulle leggende che avvolgevano il Monte Bianco. L’appello di De Saussure non rimase inascoltato e, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, la coppia formata dal medico Michel-Gabriel Paccard e dal cercatore di cristalli Jacques Balmat riuscì a salire in vetta. Qui Paccard cercò di svolgere gli esperimenti sull’atmosfera per conto di De Saussure, ma ottenne scarsi risultati. Tornati a valle, dopo aver evitato inconsapevolmente la minaccia dei crepacci, Paccard e Balmat ottennero il premio in denaro.

Jacopo Giovannini

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Bibliografia: 
Gian Piero Motti "La storia dell'alpinismo"
Storia delle Alpi. Le più belle montagne raccontate – Enrico Camanni

Fonti immagini:
http://www.gazzettamatin.com/…/…/10/monte_bianco-750x391.jpg
https://www.france-pittoresque.com/I…/jpg/Balmat-Paccard.jpg
https://st2.depositphotos.com/…/depositphotos_65276707-stoc…

06 Agosto 1945: ADESSO SONO MORTE, DISTRUTTORE DI MONDI - STORIA DELLA BOMBA ATOMICA SU HIROSHIMA

Nel 1945 la seconda guerra mondiale stava per volgere al termine.
Germania e Italia erano state vinte dagli Alleati e dall’Unione Sovietica, tuttavia il Giappone, quasi prossimo alla capitolazione, continuava la lotta contro gli Stati Uniti  rifiutando i termini di resa che gli erano stati proposti alla conferenza di Potsdam: disarmo totale delle sue forze armate, limiti della sua sovranità e occupazione di determinate zone da parte degli Stati Uniti.
Gli Alleati, prima ancora di Potsdam, stavano progettando un’invasione su larga scala del Giappone, ma questi disponeva ancora di migliaia di riserve, piloti e aerei da impiegare come kamikaze e stava addestrando al combattimento anche la popolazione civile, tra cui donne e bambini.
Sapendo che la determinazione dei giapponesi avrebbe prolungato di altri anni la guerra e che le vittime sarebbero aumentate, gli Stati Uniti decisero di impiegare una nuova arma capace di sfruttare la fissione nucleare formatasi da un metallo radioattivo (come poteva essere l’uranio 235 o il plutonio 239) per creare un’esplosione pari a 21.000 ton di TNT.

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Bomba Atomica

L’ordigno era stato sviluppato nel 1941 per ordine del presidente Roosevelt tramite un progetto segreto denominato“Manhattan”. Al progetto lavorarono scienziati e fisici statunitensi, ma anche di altre nazionalità.

Quest’arma, il cui nome tecnico è bomba a fissione nucleare, sarà ricordata con il semplice nome di “bomba atomica”.

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Il 6 Agosto, il B-29 “Enola Gay” del colonnello Tibbets, che era stato privato di tutti gli armamenti difensivi e modificato per il trasporto dell’ordigno, decollò dalla base aerea di Tinian e alle 8.15 sganciò la bomba atomica “Little Boy” sul centro abitato della città portuale di Hiroshima, che non era stata avvisata del bombardamento tramite i manifesti lanciati abitualmente dagli aerei statunitensi il giorno prima di compiere incursioni.
L’esplosione della bomba fu devastante, la temperatura dello scoppio superò di tre volte quella della fusione del ferro. Molta gente che si trovava nel primo raggio d’esplosione fu vaporizzata, mentre l’onda d’urto distrusse 70.000 case su 76.000 e uccise più di 60.000 persone ferendone altre migliaia che morirono in gran parte negli anni successivi a causa delle ferite e  delle radiazioni riportate.

Questo episodio non si fermò solo a Hiroshima, tre giorni dopo la stessa sorte toccò anche alla città industriale di Nagasaki e i giapponesi, dopo aver ascoltato per la prima volta la voce del loro imperatore alla radio che li esortava a deporre le armi senza vergogna, firmarono la resa incondizionata a bordo della corazzata Missouri ponendo fine alla seconda guerra mondiale il 2 settembre.
L’episodio dell’atomica su Hiroshima fu l’inizio di molte controversie in tutto il mondo per il suo potere distruttivo e pose anche le basi di una nuova corsa degli armamenti tra Stati Uniti e Unione Sovietica, sfociata in un nuovo conflitto ricordato come “Guerra Fredda” per il semplice fatto che le due superpotenze non entreranno mai in guerra tra loro, coinvolgendo invece i loro stati satellite, mentre l’umanità si trovò a vivere in preda al terrore sapendo che, un giorno, sarebbe stata distrutta dalle armi nucleari.

Cesare Grande

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Bibliografia:

FONTI: Il mondo in guerra-la seconda guerra mondiale di John Campbell  ed.  Andromeda Oxford Ltd. 1989

 

Immagini

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2 AGOSTO 1934, LA DEFINITIVA PRESA DEL POTERE DI HITLER .

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Paul von Hindeburg, eroe di guerra tedesco e ultimo presidente della repubblica di Weimar, non usò mai parole dolci nel descrivere l’astro nascente della politica tedesca di quel momento, ovvero Adolf Hitler. Ecco perché quando morì, il 2 agosto del 1934, Hitler non si fece troppi scrupoli a autoproclamarsi Führer della Germania. Era una nuova carica che gli permetteva di unirne due assieme, ovvero quella del Cancelliere del Reich e del Presidente del Reich. Erano passati appena 60 minuti dalla notizia della morte di Hindeburg e Hitler era già diventato “Fuhrer und Reichskanzler”, ossia Guida e Cancelliere del Reich. 
Era l’occasione che il veterano della Grande Guerra stava aspettando più o meno da dieci anni, da quando il suo Putsch fallì miseramente. In quel lasso di tempo si erano susseguiti per Hitler il carcere, la stesura del “Mein Kampf”, la fervente attività politica ma, soprattutto, la Grande Depressione. Senza quest’ultima probabilmente Hitler sarebbe stata una figura politica, a cavallo fra gli anni venti e gli anni trenta, che non avrebbe riscosso alcun successo. La Grande Depressione, che colpì gli Stati Uniti d’America e si riversò come un fiume in piena sulla già debole economia tedesca, fu il volano per l’ascesa politica di Hitler. 
“Per ogni annuncio di lavoro si mette in coda un centinaio di uomini. Basta 

Adolf Hitler

guardarli in faccia per capire che sono disperati. Non sanno come dare da mangiare ai propri figli. Poi arrivano i nazisti a infondere speranza, e loro si chiedono -Cosa ho da perdere?- 

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Quando, il 19 agosto, fu chiesto tramite elezioni ai cittadini tedeschi di esprimere il loro parere sull’assunzione totale del potere da parte di Hitler, più del 80% degli aventi diritto votò a favore. Era iniziata l’era del Terzo Reich. Il successo del nuovo Fuhrer era basato sulla conquista della classe media e sulla creazione del mito del sangue e dell’onore del popolo tedesco che era stato umiliato, sconfitto e ferito dopo la Prima Guerra Mondiale. Hitler, facendo leva sulle sue indiscusse capacità di oratore, aveva dato vita a un programma politico nazionalista, anticomunista ma soprattutto antisemita. Subito dopo essersi proclamato Fuhrer riavviò il riarmo militare dell’esercito tedesco che, nei termini posti dalla pace di Versailles, non avrebbe dovuto esserci. Il tutto era finalizzato alla conquista del Lebensraum (spazio vitale) a discapito dei territori dell’est che, prima del 1914, formavano l’impero Tedesco del Kaiser. In meno di cinque anni Hitler trascinerà il mondo nella più grande guerra mai combattuta, portandosi dietro di sé il peso di 70 milioni di morti.

Raffaele Giachini

Questa news è stata realizzata senza fini politici

Bibliografia:
G. Sabatucci - V. Vidotto: il mondo contemporaneo dal 1848 a oggi, Laterza, Roma- Bari, 2008

Immagini:
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31 luglio 1954: LA CONQUISTA DEL K2

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Nel 1909, sotto la guida di Luigi Amedeo di Savoia, una spedizione italiana raggiunse sul K2 il massimo livello d’altitudine dell’epoca: 7.500 metri. Quarantacinque anni dopo la situazione era molto differente: gli inglesi avevano raggiunto il punto più alto della Terra e l’Italia cercava di risollevarsi dopo la terribile esperienza della seconda guerra mondiale. Il K2 era quindi l’opportunità per compiere una grande impresa alpinistica chepotesse rappresentare la rinascita del paese. La spedizione del 1954 fu affidata a Ardito Desio, esperto geologo e esploratore, con il patrocinio del CAI. La squadra scelta per l’impresa rappresentava l’élite dell’alpinismo italiano, anche se non mancarono le esclusioni eccellenti, come Riccardo Cassin e Cesare Maestri.

Monte K2

Oltre gli aiutanti hunza e baltì, i protagonisti della scalata furono: Achille Compagnoni, Lino Lacedelli, Erich Abram, Ugo Angelino, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti, Guido Pagani, Ubaldo Rey, Gino Soldà, Sergio Viotto, Mario Puchoz e Walter Bonatti. Il 31 luglio 1954, dopo due mesi di preparativi e salite, Lacedelli e Compagnoni raggiunsero la vetta del K2. Il successo della spedizione fu però macchiato da due avvenimenti tragici: il primo vide protagonista Mario Puchoz, che morì per edema polmonare il 21 giugno; il secondo invece riguardò Bonatti e aprì il cosiddetto “caso K2”, una delle pagine più controverse e discusse nella storia dell’alpinismo. Alla vigilia dell’ascesa finale, Walter Bonatti e Mahdi, un hunza esperto, furono designati per portare le bombole di ossigeno al campo nove, dove li attendevano Lacedelli e Compagnoni. Dopo una salita estenuante, i due alpinisti non trovarono il campo nel punto concordato e, mentre l’oscurità scendeva, si resero conto che la tenda era sopra una dorsale, raggiunta solo per poco dalla voce di Bonatti. L’italiano e Mahdi furono così costretti a passare una notte intera all’addiaccio a oltre 8.100 metri di quota, riuscendo miracolosamente a sopravvivere. 

Jacopo Giovannini

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29 LUGLIO 1890: LA MORTE DI VAN GOGH

La vita di Vincent van Gogh può essere ricostruita in gran parte attraverso ciò che della sua ampia corrispondenza è stato conservato. Si tratta di 820 lettere scritte dall’artista, di cui 651 indirizzate a suo fratello Theo, e 83 lettere ricevute. Considerate al pari di opere letterarie per la capacità dell’autore di evocare situazioni e sentimenti con grande sensibilità, attraverso uno stile evocativo e un linguaggio vivace, le lettere di van Gogh contengono informazioni importantissime per la comprensione della sua personalità, oltre che delle sue scelte artistiche e delle influenze che guidarono il suo pennello. 

Particolarmente significative per la ricerca storico-artistica sono le lettere scambiate con gli artisti suoi amici, principalmente Paul Gauguin e Emile Bernard, dalle quali si può evincere la natura del rapporto che li univa. 

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Morte di Van Gogh

Con Gauguin, in particolare, Van Gogh visse gli anni più tormentati della sua vita: nonostante fossero amici e accomunati dalla volontà di superare i modi dell’Impressionismo attraverso l'uso arbitrario del colore, i due si scontravano spesso sia sulle modalità di operare questo “superamento”, sia su questioni più personali, legate alla loro convivenza nella “casa gialla”, ad Arles, nel 1888. Quest’ultima fu molto breve e si concluse il 23 dicembre del 1888 quando Van Gogh cercò di colpire l'amico con un rasoio, finendo poi per tagliarsi, in preda ad una crisi, il lobo dell'orecchio sinistro.
Una delle opere più significative del rapporto artistico tra i due artisti è "Vincent van Gogh che dipinge i girasoli”, dipinto realizzato nel 1888, oggi conservato al Van Gogh Museum di Amsterdam, un ritratto che è anche simbolo sia del soggetto più famoso rappresentato da Van Gogh, i meravigliosi girasoli, sia del disaccordo che esisteva tra i due artisti sulla pratica artistica: mentre Gauguin lavorava spesso di immaginazione, van Gogh amava partire dalla realtà che aveva davanti agli occhi. Così, il vaso di girasoli è rappresentato di fronte alla tela, arrivando quasi a coprirla, a sostituirsi ad essa. La diagonale del braccio dell'artista infonde un senso di squilibrio alla scena e l'artista presenta un volto quasi deforme e schiacciato, con uno sguardo che suggerisce uno stato ipnotico. Van Gogh commentò l'opera in questo modo: "Sono proprio io, ma diventato pazzo" (1).

to paul gauguin, auvers-sur-oise, tuesda

Vincent van Gogh morì il 29 luglio 1890, due giorni dopo essersi sparato con una pistola nella campagna di Auvers-sur-Oise. Gauguin scrisse a Emile Bernard: “Per quanto triste uno possa essere per la sua morte, io non me ne lamento veramente, perché l’avevo prevista e conoscevo la sofferenza di quel povero ragazzo, in lotta contro la sua pazzia. Morire adesso è una grande fortuna per lui, significa la fine delle sue sofferenze e se mai ritornasse in un’altra vita, recupererà le ricompense del suo buon comportamento in questo mondo (secondo la legge di Buddha). Ha portato con sé la consolazione di non essere stato abbandonato da suo fratello e di essere stato compreso da alcuni artisti” (2). 

Martina Panizzutt - Sebastian Victor Vug

NOTE
1. « le portrait terminé il me dit : « C'est bien moi, mais moi devenu fou. ». Gauguin Paul, « Avant et après. Avec les vingt-sept dessins du manuscrit original », 1923, les éditions G. Crès et Cie, Paris, p.19. per ritrovare il testo trascritto integralmente, consultare https://archive.org/…/avanteta00gaug/avanteta00gaug_djvu.txt, ultima consultazione 28/07/2018
2. ‘However sad one is at this death, I do not really lament it, because I foresaw it and I knew the suffering of that poor boy, battling his madness. Dying now is great good luck for him, it means the end of his suffering, and if he ever returns in another life he will reap the rewards of his good behaviour in this world (according to the law of Buddha). He took with him the consolation that he was not forsaken by his brother and was understood by some artists’. http://vangoghletters.org/vg/letters/let722/letter.html, ultima consultazione 27/07/2018

 

BIBLIOGRAFIA 
- Gatti Chiara, Mezzalama Giulia, Parente Elisabetta, Tonetti Lavinia, “L'arte di vedere. Dal Postimpressionismo a oggi”, 2014, Mondadori scuola, Pearson
- Bora Giulia, Fiaccadori Gianfranco, Negri Antonello, Nova Antonello, “I luoghi dell'arte. Nascita e sviluppi dell'arte del XX secolo”, 2003, edizioni Electa -Bruno Mondadori

 

SITOGRAFIA
http://vangoghletters.org/vg/letters/let722/letter.html
https://restaurars.altervista.org/paul-gauguin-e-lincontro…/
https://www.magnanirocca.it/van-gogh-gauguin/

IMMAGINI
- Paul Gauguin, “Vincent van Gogh che dipinge girasoli”, 1888, olio su tela, 73 x 91 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam
- Vincent van Gogh, lettera a Paul Gauguin del 17 giugno 1890, foglio con disegno. Fonte: http://vangoghletters.org/vg/letters/let722/letter.html

29 Luglio 1954: IL SIGNORE DEGLI ANELLI

La casa editrice Allen & Unwin pubblica per la prima volta la trilogia de Il signore degli anelli, di J.R.R. Tolkien. 
La trilogia si sviluppa come sequel di Lo Hobbit, che vede la luce nel 1937: Bilbo, ora padrone dell'Anello, incontra dopo tanti anni il compagno d'avventura Gandalf, e decide di compiere un nuovo viaggio per ritrovare le emozioni di un tempo. L'anello, ora nelle mani di Frodo, va portato a Mordor e distrutto, e mentre orchi, uomini, elfi e nani combattono per la Terra di Mezzo, due hobbit affrontano il viaggio che li porterà al Monte Fato.
Il signore degli anelli non è frutto della sola fantasia di Tolkien, ma

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Il Signore degli Anelli

trae origine da miti, leggende e folklore inglese che lo scrittore rielabora e adatta alla trama, aprendo così una nuova strada al genere fantasy. Con le sue canzoni, le descrizioni minuziose dei costumi delle varie razze e la lingua elfica creata ex novo dallo stesso Tolkien, Il signore degli anelli condiziona ogni romanzo fantasy che viene scritto in seguito. Nell'anello possiamo trovare gli Horcrux di Harry Potter, in Arwen si riconosce Arya di Eragon, e così via...

Ma lo stesso Gandalf è riconducibile a Mago Merlino, e le terre descritte si rifanno a quelle del Beowulf... riprendendo antichi testi anglosassoni e celtici Tolkien ha legato a doppio filo passato e presente, unendo antiche epopee a nuove storie.
Il signore degli anelli segue lo schema classico della tradizione fantasy: lo scontro epocale tra Bene e Male. Due eserciti contrapposti, due visioni del mondo opposte (sete di potere contro il sogno di pace) e nessun contatto tra i due schieramenti se non per le battaglie. Ogni personaggio appartiene al Bene o al Male, e non esistono vie di mezzo. Tuttavia, anche all'interno del Bene esistono i puri e coloro che invece si lasciano trascinare dal desiderio di gloria e potere. Per questo motivo il portatore dell'Anello non può che essere Frodo: puro di cuore ma deciso e determinato a salvare la Terra di Mezzo. 
E la fama della trilogia deve molto alla trasposizione di Peter Jackson: tre film che riescono perfettamente nell'intento di portare sul grande schermo una storia fino a quel momento presente solo nero su bianco.

Michela Bianco

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28 luglio1914: SCOPPIA LA GRANDE GUERRA

Ore 12 circa. A seguito dell’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, avvenuta a Sarajevo il 28 giugno 1914 per mano di Gavrilo Princip, e dopo un mese di crisi diplomatica tra Impero austro-ungarico e Serbia, attraverso l’invio di un telegramma, Vienna dichiara ufficialmente guerra a Belgrado.

Scoppia la Grande Guerra

È l’atto iniziale di un conflitto che nel giro di pochi giorni, in un perverso processo di reazioni a catena, asettico quasi quanto l’allora nascente catena di montaggio, interesserà le maggiori potenze europee dell’epoca (Austria-Ungheria, Germania, Russia, Francia e Gran Bretagna) e che, nell’arco di due anni, con il progressivo coinvolgimento sia di altri Stati del Vecchio continente (Impero ottomano e Italia, solo per citarne alcuni) sia di Paesi extraeuropei (le grandi potenze industriali di Stati Uniti e Giappone su tutti), assumerà una dimensione mai vista fino ad allora: mondiale.

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Fu una guerra diversa da tutte le altre. Non solo per le dimensioni ma anche per la forma. Essa rappresenta, infatti, la prima guerra “totale”. Ovvero quel genere di conflitto che è il frutto dell'interazione di tre fenomeni (la guerra anomica, portato della Rivoluzione francese, l’affermazione dello Stato moderno e la Rivoluzione industriale) che già nel corso di tutto il XIX secolo avevano prodotto i loro effetti in diversi altri eventi bellici, senza tuttavia mostrarsi in maniera così macroscopica.

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Questa guerra, del tutto inattesa poiché piombò sulla gente comune europea dopo che la seconda metà dell’Ottocento era stata caratterizzata sì da tensioni internazionali, ma molto di più dalla cooperazione internazionale e che spazzò via la certezza nella positività del progresso tecnologico, si concluse l'11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, accettò le condizioni di resa impostegli dagli Alleati. Condizioni che, insieme al completo riassetto della cartina politica dell'Europa, aprirono la strada ad una seconda e più grande guerra totale mondiale.

Collaboratore Filippo Astori

Suggerimenti di lettura.

J. Keegan, La prima guerra mondiale. Una storia politico-militare, Carocci, Roma, 2000

M. Isnenghi e G. Rochat, La Grande guerra. 1914-18, Il Mulino, Bologna, 2008

S. Audoin-Rouzeau, J. J. Beker (a cura di), La prima guerra mondiale, Einaudi, Torino, 2014

Fonte immagine.

http://studiomatto.altervista.org/wp-content/uploads/2016/06/prima_guerra_mondiale-618x360.jpg

Potete trovare maggiori dettagli sulle cause della Grande Guerra in 

"28 giugno 1914: L'ASSASSINIO DELL'ARCIDUCA FRANCESCO FERDINANDO "

24 Luglio 1802: UN MOSCHETTIERE ARMATO DI CARTA E PENNA

Ricorre proprio oggi la nascita di uno dei più noti scrittori del XIX secolo, Alexandre Dumas, figlio del Generale francese Thomas Alexandre Davy de la Pailleterie; detto "il generale Dumas". 
Probabilmente i lettori più accaniti ricorderanno Dumas per l’immensa varietà di opere letterarie e teatrali frutto del suo ingegno e della sua fantasia, delle quali la più famosa è probabilmente “Il conte di Montecristo”. Mentre i cinefili ricollegheranno più facilmente il suo nome a tre pellicole, quali: “I tre moschettieri”, “Django unchained” e “l’Autre Dumas”.
Nel loro caso “I tre moschettieri” rientrano tra le file dei classici cinematografici. Sono stati riprodotti in più e più modi riuscendo, alle volte, a rendere onore all’eroica impresa di Athos, Ports, Aramis e del giovane d’Artagnan, mentre in altri casi la fantasia ha preso il sopravvento in maniera decisamente troppo eccessiva.

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Alexandre Dumas

Dumas (padre)
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Il legame tra Dumas e “Django Unchained”(2013) lo troviamo tra le ultime scene del noto film di Tarantino, quando il dottor King Schultz (Christof Waltz) si interroga su come avrebbe reagito Dumas sapendo che uno schiavo, di nome d’Artagnan, era appena stato sbranato dai cani per ordine di Monsier Candie (Leonardo DiCaprio). Interrogativo nato dal fatto che il noto scrittore francese del 1800, diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare, era mulatto.
Le origini di colore dello scrittore vennero affrontate in particolare con l’uscita del film “L’Autre Dumas” (2010). La carnagione mulatta l’aveva ereditata dal padre, Thomas Alexandre Davy de la Pailleterie, figlio di un marchese francese e di una schiava di colore. Quindi non dobbiamo stupirci se la critica non risparmiò pesanti accuse di razzismo contro “L’Autre Dumas”, quando per interpretare Dumas non venne chiamato un attore di colore, ma Gerard Depardieu. Decisione sicuramente controproducente, nonostante l’ottima interpretazione dell’attore, dal momento che la Francia di quegli anni, come adesso, stava affrontando una situazione molto difficile legata all’integrazione razziale. 
Lo stesso Alexander Dumas non fu immune a critiche e pregiudizi legati alle sue origini, sulle quali era solito però scherzare facendo affermazioni come: “Ho sangue nero nelle vene, mio padre era mulatto, mia nonna una nera e l’antenato di mio padre una scimmia!”.

Emanuele Bacigalupo

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Generale francese Thomas Alexandre Davy de la Pailleterie; detto "il generale Dumas"

20 luglio 1969: L'UOMO SBARCA SULLA LUNA....E SE NE PORTA A CASA UN PO'!

Il progetto Apollo prevedeva una serie di missioni che si realizzarono tra il 1961 e il 1975, fu un programma spaziale americano condotto dalla NASA il cui obiettivo primario era “portare un uomo sulla Luna" e vincere così la corsa allo spazio contro l’URSS. Tale obiettivo venne raggiunto il 20 luglio 1969 quando la missione “Apollo 11” riuscì a portare gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin sul suolo lunare mentre il terzo componente della missione, Michael Collins, rimase all’interno dell’orbita lunare pilotando il modulo di comando.

Le sei missioni del programma Apollo che riuscirono a portare degli uomini sulla Luna si rivelarono fondamentali per lo studio del nostro satellite in quanto, al loro rientro, gli astronauti riuscirono a portare svariati “souvenir” sulla Terra, ovvero circa 2415 campioni lunari per un peso totale di circa 382Kg.
Questi campioni comprendono rocce, suoli e polveri lunari e hanno permesso di creare delle prime classificazioni sulla composizione della Luna 

sbarco sulla luca

Gli astronauti dell’Apollo 11, da sinistra a destra: il comandante Neil A. Armstrong; il piloata del modulo di comando Michael Collins; e il pilota del modulo lunare Edwin E. Aldrin Jr.. NASA Human Space Flight Gallery

e di conseguenza, con degli studi più approfonditi, è stato anche possibile arrivare a definire la stratificazione interna e a formulare ipotesi sulla formazione del satellite.

I campioni prelevati ci dicono che le rocce lunari sono principalmente vulcaniche, alcune diffuse anche sulla Terra mentre altre sono tipicamente lunari. In generale le rocce lunari, molto più antiche di quelle terrestri, possono essere divise in due grandi gruppi:
- Le rocce riscontrate nelle aree continentali (o terrae), datate 4,5 miliardi di anni, comprendono rocce plutoniche con elevati contenuti in ferro (Fe) e magnesio (Mg) e, in misura minore, brecce formatesi a seguito dei numerosissimi impatti meteorici;
- Le rocce riscontrate nei mari lunari, datate 3,16 miliardi di anni, ovvero basalti a differente contenuto in titanio (Ti).
Il campionamento sulla superficie lunare è stato svolto con martelli, piccole carotatrici, pale, rastrelli e pinze e, in seguito, i campioni sono stati inseriti in speciali contenitori utili a prevenire il contatto con agenti atmosferici contaminanti, specialmente una volta rientrati sulla Terra.

Campione di roccia lunare raccolto durante la missione Apollo 12. Immagine di pubblico dominio

Attualmente la maggior parte dei campioni si trova al “Lunar Sample Building” a Houston e viene conservata sotto azoto puro per evitare contaminazioni. Solamente il 10% della massa totale dei campioni lunari è stato ad oggi analizzato e la motivazione è semplice quanto lungimirante: se avessimo usato tutti i 382Kg per condurre analisi chimiche, radiometriche, petrografiche etc., molte di queste anche potenzialmente distruttive, con le stesse strumentazioni avremmo avuto sempre più o meno gli stessi risultati e saremmo rimasti senza campioni. Dato che per raggiungere gli affioramenti lunari non basta fare una scampagnata, si è deciso di preservare gran parte del materiale in attesa di strumentazioni più avanzate che consentissero analisi più precise e risultati diversi.

Una curiosità legata alla missione Apollo 11 è la scoperta, nel luogo dell’allunaggio della sonda, di un nuovo minerale: l’Armalcolite - (Mg,Fe++)Ti2O5. Il nome deriva dalle lettere iniziali dei cognomi dei tre astronauti: ARMstrong, ALdin e COLlins.

Dinesh Kunalan ed Evandro Balbi

Harrsion Schimdt, unico geologo ad aver passeggiato sul suolo lunare, durante la missione Apollo 17. Immagine NASA

“Apollo 11 lunar sample cabinet” presso il Lunar sample building di Houston

Astromaterials Acquisition and Curation, NASA
(EN) Marc Norman, The Oldest Moon Rocks, Planetary Science Research Discoveries, 21 aprile 2004ù
James Papike, Grahm Ryder, and Charles Shearer, Lunar Samples, in Reviews in Mineralogy and Geochemistry, vol. 36, 1998, pp. 5.1-5.234
H. Hiesinger, J. W. Head, U. Wolf, R. Jaumanm, and G. Neukum, Ages and stratigraphy of mare basalts in Oceanus Procellarum, Mare Numbium, Mare Cognitum, and Mare Insularum, in J. Geophys. Res., vol. 108, 2003, p. 5065, https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/…/10.1…/2002JE001985

16 luglio 1922- UN'ALTRA STORIA

Il 1922 è un anno di confusione per la nazione e il calcio : la fine del conflitto mondiale, il biennio rosso, l'incremento delle squadre di calcio.

A Vado Ligure, città industriale bagnata dal mar ligure, allo stadio Campo di Leo si disputa la prima finale di Coppa Italia tra Vado e Udinese. In palio c'è una coppa d'argento di oltre otto chili.
Il Vado può vantare l'affamato di gol Levratto, i tre fratelli Babboni e il talento di Romano.
Al minuto 118, Felice col sinistro calcia da 20 metri. Il pallone buca la rete e termina contro la Torre di Scolta alle spalle del

Un'altra storia

Leo. Il soprannome di "sfondareti" non arriverà per caso.Il Vado in quello stesso anno vince il campionato di Promozione ligure e alza la prestigiosa coppa.

Un trofeo che la città dovrà concedere alla Patria per farlo fondere nel 1935 e ne riceverà una copia solo nel 1992.

Dopo la vittoria del Vado, non si sentì più parlare di Coppa Italia fino alla stagione 1926-27 con un tentativo abbozzato e al via definitivo nel 1935-36.

Beatrice Citron 

16 Luglio 1951: IL GIOVANE HOLDEN 

The catcher in the rye: è questo il titolo originale che Salinger ha scelto per il suo romanzo.
Il titolo fuorviante, una copertina bianca e una trama pressoché inesistente sono gli elementi caratterizzanti di un romanzo che ha segnato la letteratura americana contemporanea.
Il romanzo segue le vicende del protagonista, Holden Caufield, un giovane un po' ribelle e scansafatiche che, espulso dalla scuola, gironzola per New York per tre giorni in attesa di tornare a casa e dare la notizia ai genitori. 
Tre giorni in cui Holden capisce cosa vuole veramente dalla vita e trova quella che ad un primo sguardo sembra la sua strada, ma che in realtà non è nulla di diverso dalla vita che ha compiuto fino a quel momento. Dalle frasi smozzicate di Holden e da epiteti ricorrenti (es: "vattelapesca" nella traduzione italiana) cogliamo una critica velata alla società americana, in cui Holden non si riconosce e da cui vuole fuggire. Una società che non ha nulla di diverso da quella attuale, in cui le problematiche sono le stesse di oggi e vengono affrontate da un diciassettenne allo stesso modo: con il rifiuto e con la fuga.
Il titolo originale deriva da una poesia dello scozzese Burns:

Il giovane Holden

Comin' Through the Rye 
Gin a body meet a body 
Coming thro' the rye, 
Gin a body kiss a body 
Need a body cry?

La poesia narra di un uomo che, sull'orlo di un precipizio, impedisce ai bambini che giocano nel campo di segale di caderci. Infatti The catcher in the rye in italiano si può tradurre con "Il prenditore/ l'acchiappatore nella segale". E Holden dichiara che lui vorrebbe diventare come quell'uomo. 
Tuttavia, se si analizza più a fondo il titolo, è possibile cogliere il vero messaggio:
The catcher è anche un ruolo di giocatore nel baseball; Rye è un tipo di whiskey fatto con la segale. 
Pertanto Holden desidera diventare un uomo che salvi gli adolescenti che rischiano di cadere nel baratro dell'alcol e della depressione.
In italiano il titolo è intraducibile, perciò i traduttori hanno deciso di puntare su un altro gioco di parole: l'ossimoro della parola giovane e della parola Holden (riconducibile all'inglese old). Il titolo simboleggia quindi la fase di transizione da giovane ad adulto di Holden.

Michela Bianco

Romanov

13 luglio 1613: L’ASCESA DEI ROMANOV

Michail Feodorovic Romanov viene scelto dallo Zemskij Sobor come zar di Russia. La sua ascesa al trono pone fine al “periodo dei torbidi”, un momento difficile e particolarmente turbolento per la Russia, scoppiato in seguito alla morte dello zar Feodor (1598), figlio di Ivan IV “il terribile”.
Fu la mancanza di eredi diretti del sovrano a far sprofondare il paese in una crisi senza precedenti, definita “periodo dei Torbidi”: 18 anni durante i quali la Russia fu costretta a fronteggiare carestie, vuoti di potere, guerre civili, invasioni da parte dei polacchi e sommosse contadine che fecero sprofondare il paese in un baratro; basti pensare che in questo lasso di tempo si succedettero cinque regnanti.
L’ascesa dei Romanov pose quindi fine ad un'epoca di devastazione e nel giro di poche generazioni la Russia divenne una delle più grandi potenze che l’Europa avesse mai visto, grazie soprattutto a personaggi e condottieri come Pietro il Grande, Caterina II (malgrado non sia di sangue Romanov) e Alessandro I.

Il 13 luglio del 1613 ebbe quindi inizio il regno di una delle dinastie più importanti e conosciute del mondo. Per la Russia i Romanov rappresentarono un’evoluzione anche dal punto di vista culturale (i sovrani russi infatti spinsero per allacciare rapporti di ogni sorta con le altre nazioni occidentali), economico e militare.In 301 anni questa dinastia ha portato il paese ai limiti della sua massima espansione territoriale, dal confine con la Polonia ad ovest fino al continente americano; la fine del dominio Romanov su quel colosso orientale che era la Russia giunse soltanto con la rivoluzione di Ottobre del 1917.

Nicolò Zanardi

Pietro I il Grande (1672-1725)

Caterina II (1726- 1796)

Alessandro I (1777-1825)

A sinistra: Nicola II (1868-1918)

A destra: Giorgio V re del Regno Unito

Bibliografia
P. Bushkovitch: breve storia della Russia; dalle origini a Putin, Einaudi, Torino, 2013
H. Troyat: Alessandro I; lo Zar della Santa Alleanza, Edizione speciale per il Giornale, Milano, 2001
G. Sabatucci - V. Vidotto: il mondo contemporaneo; dal 1848 a oggi, Laterza, Bari, 2008

Fonti Immagini
https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_I_di_Russia…
https://it.wikipedia.org/wiki/Caterina_II_di_Russia…
https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_I_di_Russia…
https://en.wikipedia.org/wiki/Nicholas_I_of_Russia…
https://www.vanillamagazine.it/giorgio-v-e-nicola-ii-roman…/

12 luglio 1962: L'ASCESA DEI ROLLING STONES

Al Marquee Club di Londra, durante la serata blues, i Rolling Stones esordiscono ufficialmente sulla scena musicale, ingaggiati per sostituire la band di punta, i Blues Incorporated dei quali erano grandi fan. Il nome – inizialmente Rollin’ Stones – era stato scelto proprio il giorno prima dell’esibizione, prendendo spunto da un album di Muddy Waters. Quella sera suonarono di fronte ad un pubblico di cento persone, e probabilmente non si sarebbero mai immaginati, quei sei ragazzetti, che un giorno i Rolling Stones avrebbero riempito interi stadi. La fortuna di Jagger&Co. fu quella di incontrare un manager che vide in loro l’alternativa brutta, sporca e cattiva ai Beatles, una strategia che attecchì nel giro di poco e che li avrebbe resi le rock star più temute e invidiate del mondo.
La musica di Mick Jagger, Keith Richards, Brian Jones, Bill Wyman e Charlie Watts si rifaceva chiaramente al blues, al R&B, al rock’n’roll “nero” dei primi anni ‘50. A comporre era principalmente l’accoppiata Jagger-Richards, anche se il primo vero successo arrivò con una canzone scritta da Lennon e McCartney, I Wanna Be Your Man. Ma i Rolling Stones non tardarono a spianarsi la strada da sé: fu un riff di tre note, Satisfaction, a condurli ad un clamoroso successo negli Stati Uniti.
Votati a tematiche quali sesso e droga, voce del malcontento e di intere generazioni, i Rolling Stones seppero incarnare al meglio quel modello di trasgressione con il quale furono sapientemente catapultati nel panorama musicale degli anni ‘60, sfiorando addirittura l’accusa di satanismo. Fu quest’ultima il risultato di una controversia legata a Sympathy For The Devil (1968), celebre canzone della band nella quale Mike Jagger dà voce a niente meno che Lucifero. Ad una simile provocazione vanno aggiunti arresti per uso di sostanze stupefacenti, scandali sessuali, gli strani interessi per l’occulto che Jagger non mancò mai di ostentare e, per finire, la misteriosa morte di Brian Jones.
Trascorso più di mezzo secolo, i super nonnetti del rock ancora regalano ai fan l’opportunità di vedere dal vivo i propri idoli e di poter ascoltare live canzoni che hanno fatto la storia del genere.
  

Linda Vassallo 

Rolling Stones

Potete scoprire la storia del rock leggendo anche:

10 canzoni con cui conoscere I Beatles

Le origini del Rock

8 Luglio 1889: JOHN SULLIVAN SFIDA JAKE KILRAIN

John Sullivan sfida Jake Kilrain in un incontro valevole per il titolo dei pesi massimi a Richburg.
Questo match passò alla storia come ultimo incontro a pugni nudi, valevole per il titolo mondiale.
La località venne tenuta segreta fino all'ultimo, per evitare l'intervento della polizia.

L'incontro iniziò alle 10:30 e durò 2 ore e 10 minuti.
Sullivan rischiò la sconfitta al 44° round, a causa di un attacco di vomito causato da whistky ghiacciato. Al 75° round Kilrain si arrese e Sullivan mantenne il titolo di campione mondiale.
Circa 3000 persone si recarono a Richburg per vedere i campioni e la sfida riscosse un vasto interesse da parte della stampa.

Beatrice Citron

John Sullivan

5 Luglio 1984: UN EROE INVISIBILE

In quello stesso giorno, in quello stesso aeroporto, quando gli occhi di giornalisti, televisioni e del mondo erano puntati su Maradona e il suo arrivo a Napoli, passò inosservato un uomo anziano, dalla barba bianca. Quel giorno, assieme a Maradona, c'era Alber Bruce Sabin, l'uomo che salvò milioni di bambini dalla poliomielite.

«Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. È il mio regalo a tutti i bambini del mondo»

Sabin non brevettò il vaccino, rinunciando così allo sfruttamento commerciale da parte delle industrie farmaceutiche; in questo modo il prezzo contenuto del farmaco garantì una più vasta diffusione.

Beatrice Citron

Eroe invisibile

28 giugno 1914: L'ASSASSINIO DELL'ARCIDUCA FRANCESCO FERDINANDO

1914. Siamo in una sera di inizi Giugno, in un bar di Belgrado. Un ragazzo con in mano un pacchetto entra e siede ad un tavolo cui attorno sono seduti altri suoi coetanei. Il contenitore viene scartato e aperto. All'interno vi è solo un pezzo di carta di giornale. Il giovane corriere si appresta a leggere alla presenza dei compagni: “L'arciduca Ferdinando visita Sarajevo”.

Alcune settimane dopo, 28 Giugno, Sarajevo. Un uomo e una donna splendidamente vestiti si apprestano ad entrare in una Gräf & Stift, un'auto austriaca priva di tettuccio. Lui è vestito in un blu sfolgorante, il petto è coperto di medaglie e la testa decorata da un bellissimo cappello di crine di cavallo. Lei indossa un fluente vestito bianco. Sono l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria e sua moglie Sofia, duchessa di Hohenberg. Ufficialmente sono nella città per supervisionare le manovre delle truppe austriache, ma è una scusa: sono a Sarajevo per il proprio anniversario e per allontanarsi dalla corte d'Austria, che non accetta il matrimonio di Ferdinando con una donna di umili origini. La situazione è tesa: i nazionalisti radicali si sono mossi con sempre maggiore determinazione per rendersi indipendenti dall'Austria. Il 28 Giugno è per i patriottici del paese un motivo di orgoglio nazionale: è il giorno della battaglia di Kosovo, motivo di orgoglio nazionale. Per i locali è un insulto inaccettabile che l'arciduca, simbolo dell'oppressione austriaca, sia venuto a Sarajevo proprio quel giorno. Se Ferdinando sapesse o no di questa data è ignoto.

Francesco Ferdinando

È mattina. La Gräf & Stift parte, scortata da altre cinque auto. È una parata: la folla attende per le strade, il percorso da seguire è pubblicamente noto e di conseguenza tutti sanno esattamente dove l'arciduca e sua moglie saranno. Lo sanno anche i giovani del bar di Belgrado, che sono tra la folla. Sono nazionalisti e terroristi, si fanno chiamare Giovani Serbi e fanno parte di un'organizzazione più potente operante in Serbia: la Mano Nera. L'obiettivo è uccidere l'arciduca. Ognuno sceglie una parte del percorso e attende. La Gräf & Stift passa uno per uno i potenziali assassini, ma nulla accade: due perdono coraggio nel momento cruciale, uno non riesce a sparare perché ha pietà della duchessa, un altro ha un guasto all'arma. E così Ferdinando continua a stare bene in vista mentre saluta la folla. Ma all'improvviso, sul ponte di Cuprija, un terrorista si fa avanti e lancia una bomba. L'arciduca la vede appena in tempo e si abbassa, questa va oltre e colpisce la folla e alcune auto di scorta.

Francesco Ferdinando

Sofia  di  Hohenberg

L'attentatore salta giù dal ponte ma non ha calcolato il livello del fiume: solo pochi centimetri. Si frattura una gamba nella caduta. In un ultimo atto di giovanile coraggio prende la sua pillola di cianuro e al grido di “Bosnia libera!” la ingerisce. Tuttavia la pillola, acquistata a basso prezzo, è scaduta: il giovane vomita a ripetizione mentre la polizia procede a raggiungerlo per arrestarlo. Nel frattempo la Gräf & Stift fa inversione di marcia e la città viene messa in sicurezza. Uno dei giovani attentatori, un diciannovenne di nome Gavrilo Princip, guarda con sconforto l'arciduca dileguarsi e realizza che l'assassinio è fallito, quindi si allontana dalla zona. Il tempo passa: è pomeriggio e sono quasi le sei. Il sindaco propone all'arciduca di continuare la parata come previsto, ma quest'ultimo decide invece di andare a visitare l'ospedale per confortare le vittime dell'esplosione. L'autista, non esperto delle vie di Sarajevo, svolta per errore verso Via Francesco Giuseppe. Per puro caso Gavrilo Princip è sulla stessa strada. La Gräf & Stift gli passa davanti, si ferma e stalla dopo un tentativo di ripartenza. Il giovane non crede ai suoi occhi: l'arciduca è proprio davanti a lui, riesce perfino a sentire cosa dice. Gavrilo Princip prende la pistola e spara due volte. Sono colpiti sia l'arciduca che la duchessa, che muoiono poco dopo. I due proiettili sparati sono la prima tessera del domino, l'inizio della Prima Guerra Mondiale.

Stefano De Gioia

La giacca di Francesco Ferdinando dopo l’attentato

Bibliografia

-World War I: The Seminal Tragedy - II: One Fateful Day in June - Extra History

-First World War: Reports of the assassination of the archduke Franz Ferdinand in Sarajevo, World News, The Guardian

26 Giugno 1997: IL MONDO CONOSCE HARRY POTTER

J.K.Rowling ha trentadue anni quando pubblica il primo volume di quella che diventerà una delle saghe fantasy più lette al mondo: “Harry Potter e la Pietra Filosofale” racconta di un ragazzino orfano di undici anni che viene catapultato nel mondo della magia.

“Tu sei un mago, Harry”, è una delle prime frasi che il mezzogigante Hagrid dice al giovane quando lo incontra, il lasciapassare verso quello che si trasforma in un viaggio mozzafiato verso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts che per Harry e, di conseguenza, per i lettori non sarà mai la scuola che intendiamo noi “babbani” ma sarà sempre “casa”.
Ciò che quasi tutti i bambini, ormai adulti, cresciuti insieme a Harry, Ron ed Hermione, desiderano ancora oggi è proprio ricevere la lettera che li ammette a Hogwarts, consegnata da un fido gufo.
Harry Potter si presenta come un romanzo fantasy per bambini e adolescenti che si approcciano per la prima volta al mondo della letteratura. Bacchette magiche, pozioni, draghi... tutto ciò che corrisponde all'idea di "Mondo della magia" nell'immaginario collettivo. Con Harry il lettore entra a contatto con questo nuovo mondo, e pagina dopo pagina risulta sempre più normale, come se fosse quella la realtà che ci circonda.
Le avventure di Harry, però, non sono solo relative a incantesimi e a scope volanti ma anche a temi importanti come l’omosessualità e il razzismo. Perfino i personaggi che sin da subito sono stati etichettati come antagonisti hanno saputo stupire e hanno permesso al lettore di scovare il loro lato buono. Infatti questo mondo magico, che appare così distante da quello babbano, non è poi così diverso: le ideologie di fondo rimangono fondamentalmente le stesse. Già nel secondo romanzo è possibile vedere l'astio di molti Purosangue nei confronti dei Mezzosangue e dei Nati Babbani. Un astio che raggiungerà l'apice nel momento in cui Voldemort prende il potere: i non Purosangue vengono emarginati della società, torturati e accusati di aver rubato i poteri. Un'ideologia che è facile riconoscere nel nazismo hitleriano.
Perciò, a ventun anni dall’uscita del primo libro dobbiamo dire grazie per aver colorato l’infanzia di una generazione, parafrasando J.K.Rowling, a Harry, Hermione, Ron, Luna, Draco, Dobby, Ginny e tutti gli altri che sono rimasti con noi… Fin proprio alla fine.

Alessandra Sansò - Michela Bianco

 

Harry Potter

25 Giugno 1857: BAUDELAIRE PUBBLICA "LES FLEURS DU MAL"

Baudelaire si colloca nella prima metà dell'800 parigino, in una città segnata dall'arte e dalla modernità, ma anche da miseria, vizi e droghe. Ed è in questo dualismo che il poeta trova la sua strada: una vita alla ricerca del vero scopo dell'uomo ma vissuta in modo febbrile, malsano e anticonformista.
Baudelaire viene ricordato come uno dei Poeti Maledetti (come Verlaine e Rimbaud), appellativo dato a tutti quegli artisti che, dotati di grande talento, rifiutano i valori della società moderna per condurre una vita all'insegna del vizio e della provocazione.
Les fleurs du mal esprime appieno la poetica di Baudelaire: il poeta sostiene che grazie alla poesia la realtà banale e corrotta (il male) può diventare sublime e raggiungere la bellezza (il fiore, che nascendo dalla terra e sviluppandosi verso l'alto simboleggia il passaggio da male a bene).

Baudelaire

Baudelaire spiega che il poeta è costretto a condurre una vita solitaria, emarginato da una società senza ideali, cercando di raggiungere il sublime senza mai riuscirci. Grazie all'alcol e alla droga il poeta riesce a cogliere quella bellezza tanto ambita, ma è una sensazione sfuggevole, che svanisce non appena la sostanza smette di fare effetto.

Ed è per la sua vita solitaria e malsana che il poeta muore, lasciandosi alle spalle l'angoscia di vivere (lo spleen) per abbracciare la morte, salvezza dell'uomo perché pone fine al male di vivere.

Lesbos era il primo titolo scelto da Baudelaire per la sua raccolta di poesie. Evidentemente scelto per provocare il pubblico borghese, in realtà questo nome era anche carico di numerosi significati cari al poeta. Infatti l’isola di Lesbo, patria di Saffo, incarna per Baudelaire sia l’ideale di un luogo idilliaco, lontano dai mali e dalle vuote convenzioni della sua epoca, sia l’amore omosessuale femminile.
Il poeta considera le donne lesbiche delle “sorelle”, “ricercatrici d’infinito” condannate ingiustamente dalla società a non poter udire alcuna eco dei loro sospiri (“Lesbos”, v. 12). Nella poesia che porta lo stesso titolo, Baudelaire rende omaggio alle “vergini in fiore” di Lesbo, che non si devono preoccupare delle leggi “del giusto e dell’ingiusto”, in quanto felici abitanti di un’isola dove l’amore vince sempre. Ed egli si sente il cantore prescelto di questo mondo e dalla cima del Leucàs – scoglio bianco dal quale, secondo un’antica leggenda, si gettavano gli amanti infelici – sorveglia il mare in attesa del ritorno del cadavere di Saffo, anch’ella suicida, e nonostante questo “più bella di Venere, innalzandosi sul mondo”.

Michela Bianco - Martina Panizzutt

20 Giugno 1890: IL RITRATTO DI DORIAN GRAY

E' il 20 giugno 1890 quando Oscar Wilde pubblica per la prima volta Il ritratto di Dorian Gray. Modificato e corretto dall'autore e dall'editore per eliminare tutte quelle parti definite immorali e scabrose, il romanzo suscita comunque polemiche da parte di critici e lettori. Nel romanzo sono contenute infatti alcune scene di carattere omosessuale che verranno utilizzate per il processo contro Wilde. Un romanzo che rientra perfettamente nella corrente estetica del 1800 e che si presenta in netto contrasto con l'etica e i valori vittoriani dell'Inghilterra di quel tempo. Dorian Gray è il classico dandy che vuole vivere la sua vita come se fosse un'opera d'arte, e per mantenere la sua bellezza è disposto a vendere l'anima al diavolo: in questo modo l'anima viene trasferita nel ritratto di Dorian e invecchia al suo posto, mentre Dorian rimane giovane e bellissimo. Un tema importante in quel periodo quello del doppio, che troviamo in un altro noto romanzo vittoriano: Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson (pubblicato nel 1886). Una Londra cupa e nebbiosa, periferie pericolose e insalubri e una borghesia ricca di un finto perbenismo smascherata dal tema del doppio: questo è ciò che Wilde offre, una rappresentazione vivida e a tratti esagerata di una società corrotta che si rifugia in ideali anacronistici. Da questo romanzo sono state tratte diverse rappresentazioni cinematografiche, alcune fedeli, altre liberamente ispirate.

Michela Bianco

Dorian Gray

18 GIUGNO 1815: I SOLDATI DI WATERLOO

Erano da poco scoccate le otto. Tetre nuvole temporalesche cominciavano a diradarsi dopo che la pioggia era caduta copiosa rendendo il terreno una massa fangosa e deforme.
Napoleone Bonaparte, il grande condottiero, si svegliò verso le undici dopo essersi concesso un breve momento di riposo. Le sue truppe marciavano accompagnate dal rullo dei tamburi, intente a prendere posizione sul campo di battaglia. Il loro portamento fiero e rigoroso dava l’impressione che stessero sfilando in parata piuttosto che prepararsi all’ultimo ed indimenticabile atto della Grande Armée. Davanti a loro, schierati lungo una sottile linea rossa, li attendevano 84000 Inglesi pronti a fermare i grandi sogni di conquista francesi.
Alle 11.30 le batterie della Guardia francese tuonarono per tre volte, i reggimenti di fanteria e cavalleria erano pronti a seguire le disposizioni del loro Imperatore e a morire per esso, se necessario. Tra le truppe erano schierati anche molti veterani, tra i quali due uomini che si erano guadagnati i gradi di Capitano della Guardia nonostante avessero iniziato la loro carriera militare col grado di soldato semplice. Questi erano Jean-Roch Coignet e François.
Nato il 26 agosto del 1776, Jean-Roch Coignet visse avventure e compì imprese che gli permisero di diventare uno dei soldati più celebri dell’esercito napoleonico. Quando combatté nella sua prima battaglia, a Montebello, nel 96° reggimento demi-brigade, riuscì a farsi notare subito da Napoleone conquistando da solo un cannone austriaco. Partecipò all’intera Campagna d’Italia, ad Austerlitz, Jena, Friedland e alla marcia su Mosca. Ottenne la Legion d’Onore e il grado di Capitano. Pur prendendo parte a 48 battaglie ottenne soltanto una ferita, diversamente dal Capitano François.
Nato nel 1777, François si arruolò a 15 anni e alla battaglia di Valmy ottenne la sua prima “decorazione” di piombo. Dopo aver partecipato ad altri scontri, ricevendo a Neerwinden e Salzbach due nuove ferite, partì col grado di Sergente per l’Egitto, dove venne fatto prigioniero e reso schiavo di un Emiro. Grazie alle sue qualità di soldato riuscì a sopravvivere e venne inserito tra le schiere dei Giannizzeri, dalle quali trovò poi il modo di fuggire per tornare in patria. Ancora una volta tra le file francesi, venne ferito altre 4 volte a Jena e altre 2 alla Moscova, per poi seguire a sua volta Napoleone fino a Waterloo col grado di Capitano.
Per comprendere cosa spinse questi uomini a combattere così a lungo, sorridendo in faccia alla morte, occorrono molte più righe delle poche che mi sono concesse. Quel che posso aggiungere è che sia Coignet che François non morirono a Waterloo, ma tra le calde coperte dei loro letti e per nostra fortuna raccolsero su carta le memorie di quei lunghi giorni passati al fianco dell’Imperatore e della Grande Armée.

Emanuele Bacigalupo

A sinistra: Fante di linea della  demi-brigade

A destra: Granatiere della demi-brigade

In basso: un'illustrazione di Coignet mentre sorveglia il cannone austriaco appena catturato

Waterloo

Illustrazioni di: Tommaso Debernardis

Bibliografia:
G. Blond: Storia della Grande Armée 1804-1815, Rizzoli Editore, Milano, 1981.
J.R. Coignet: Vent'anni di Imprecazioni e di Gloria con l'Imperatore, Editions de Crémille, Ginevra, 1969.

Il progetto Pioneer è uno dei più importanti nella storia delle esplorazioni spaziali gestite dal Pioneer Project Office della NASA. Lo scopo principale dei Pioneer era quello di sondare il “terreno” per quello che sarebbe stato il progetto Voyager. Il programma Pioneer ha previsto svariate esplorazioni, ma due sono quelle veramente importanti il Pioneer 10 e il Pioneer 11 perché permisero di studiare ed esplorare i pianeti esterni del nostro Sistema Solare e lo spazio oltre ad essa.

13 GIUGNO 1983: IL PRIMO VEICOLO A LASCIARE IL SISTEMA SOLARE

Progetto Spaziale

Il Pioneer 10 era lungo circa 2.9m con un diametro di circa 2.7m per un peso totale di 270Kg. La fase di lancio ha previsto tre stadi, nel primo stadio venne utilizzato come propellente Ossigeno liquido e l’RP-1 (un tipo di cherosene utilizzato nei razzi), nel secondo stadio vennero usati come propellente l’idrogeno liquido e l’ossigeno liquido e infine il terzo stadio ha previsto l’utilizzo di un propellente solido. La combinazione di questi tre stadi ha fatto sì che la sonda raggiunga una velocità di 51.682 km/h permettendo al Pioneer 10 di diventare l’oggetto più veloce ad essere lanciato nello spazio.

La missione della sonda Pioneer 10, lanciata da Cape Canaveral il 2 marzo 1972, avrebbe dovuto avere come obiettivo principale la raccolta di immagini e dati di 

Giove. E così infatti fu, Pioneer 10 raccolse più di 500 immagini del gigante gassoso, fra le quali figurano fotografie della grande macchia rossa e della zona crepuscolare, riuscì anche a fotografare due dei suoi satelliti, Ganimede ed Europa, e a raccogliere informazioni sull’atmosfera di Io. Ma durante il suo viaggio la sonda della NASA si rese anche protagonista di numerosi primati. Il primo di questi, come già detto prima, fu il superamento della Luna appena 11 ore dopo il lancio, rendendo così la Pioneer 10 l’oggetto più veloce che l’uomo avesse inviato nello spazio fino ad allora, in seguito fu la prima sonda ad attraversare la fascia principale di asteroidi fra Marte e Giove e infine, dopo aver studiato per noi Giove, nel 1976 superò per la prima volta l’orbita di Saturno e nel 1979 l’orbita di Urano. Il 13 giugno 1983 finalmente superò anche l’orbita di Nettuno e divenne così il primo oggetto dell’uomo a lasciare il Sistema Solare. Durante la sua fuga nello spazio interstellare la sonda Pioneer 10 ha continuato a inviare dati alla Terra fino all’ultima ricezione utilizzabile di telemetria avvenuta il 27 aprile 2002, cinque anni dopo che la NASA aveva ufficialmente dichiarato conclusa la missione il 31 marzo 1997. L’ultimo segnale ricevuto è datato 23 gennaio 2003, quando la sonda si trovava ormai a più di 12 miliardi di km dalla Terra, mentre l’ultimo tentativo di connessione è stato effettuato nel 2006. Il 1 gennaio 2016 la sonda aveva superato la distanza di 17 miliardi di km dal suo punto di partenza e, se nulla dovesse disturbare il suo viaggio, potrebbe raggiungere in circa 2 milioni di anni Aldebaran, assumendo l’assenza di velocità relativa di quest’ultima, stella posta a 65 anni luce dalla Terra. Un dettaglio interessante è la presenza a bordo di una targa sulla quale è stata incisa la posizione del Sole rispetto alla galassia, la posizione della Terra nel Sistema Solare e le sagome di un uomo e di una donna, la mano dell'uomo si solleva in un gesto di buona volontà. La chiave per tradurre la placca consiste nel comprendere la rottura dell'elemento più comune nell'universo: l'idrogeno. Questo elemento è illustrato nell'angolo sinistro della placca in forma schematica. Questo, secondo gli ideatori Carl Sagan e Frank Drake, potrebbe aiutare un’ipotetica civiltà aliena, che riuscisse ad intercettare la sonda, a ricostruire la provenienza di Pioneer 10.

Evandro Balbi - Dinesh Kunalan

https://www.youtube.com/watch?v=B8P0AmKKwtI

(cliccando questo link potrai vedere il film ufficiale della missione prodotto da George Van Valkenburg Productions, che ha vinto un Golden Eagle dal Council negli International Nontheatrical Events del 1975)

Fonti immagini:

(http://www.proyectogenesis.cl/2013/05/pionero-10.html)

(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c6/Pioneer10-plaque.jpg)

12 GIUGNO 1944: ANNA FRANK

Il 12 giugno 1942, Anna Frank riceve come dono per il suo tredicesimo compleanno un diario destinato a diventare uno dei documenti più struggenti della storia dell'olocausto, capace di conservare la memoria di una giovane e di far riflettere generazioni di lettori.


"Spero di poterti confidare tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che mi sarai di grande sostegno."

Beatrice Citron 

Anna Frank

6 Giugno 1944 - D-DAY: IL GIORNO PIÙ LUNGO

All’alba del 6 giugno 1944, travolte dall’incessante tiro delle mitragliatrici tedesche, le prime truppe americane sbarcarono a Utah e Omaha Beach dando inizio allo sbarco in Normandia.
In verità, lo sbarco era solo una delle fasi più delicate dell’operazione denominata Overlord, che racchiudeva tutti i passaggi di uno dei piani militari più complessi e ambiziosi ideati dall’uomo. Era infatti trascorso quasi un anno da quando l’Alto comando alleato aveva deciso di invadere il continente europeo. Le modalità dell’attacco però non furono subito chiare: gli Alleati erano d’accordo sul fatto che lo sbarco dovesse avvenire nel nord della Francia, ma non sul luogo preciso. Gli americani premevano per un’azione contro il Passo di Calais, mentre la scelta degli inglesi ricadeva sulle coste della Normandia, nello specifico quelle del Calvados, dove un attacco degli Alleati avrebbe colto di sorpresa i tedeschi.

D-DAY 6/6/44

Il fattore sorpresa era un elemento imprescindibile nella tattica britannica, figlio del disastroso sbarco, in maggioranza di anglo-canadesi, a Dieppe nel 1942; questo attacco aveva mostrato i rischi di un’operazione anfibia contro un settore costiero ben fortificato. A ragione di ciò le coste della Normandia diventavano il luogo dove si sarebbe aperto il terzo fronte di guerra in Europa. La pianificazione dell’operazione Overlord seguì principalmente tre direttive: il depistaggio a danno dei tedeschi che, sotto il nome di operazione Fortitude, doveva far credere che gli Alleati puntassero principalmente al Passo di Calais; la costituzione e l’organizzazione di una forza d’attacco che contava circa 160˙000 uomini, oltre 5˙000 navi e 10˙400 aerei; la scelta del giorno e dell’ora perfetta, dopo aver calcolato l’azione delle maree e i fattori meteorologici.

Nella notte del 6 giugno alcune divisioni aviotrasportate si paracadutarono nell’entroterra della penisola del Cotentin e intorno a Caen, dando inizio al D-Day. In serata, dopo una battaglia durissima, gli alleati si ritrovarono con delle solide teste di ponte per attaccare l’entroterra e iniziare la liberazione della Francia.

Per quanto riguarda il fronte opposto, è difficile immaginare quali pensieri balenassero nella mente dei tedeschi dopo lo sbarco in Normandia. Che fossero consapevoli della disfatta, o sicuri di poter respingere il nemico, i soldati continuarono a combattere e le infermiere a prendersi cura dei loro feriti come era loro dovere fare.

Jacopo Giovannini - Emanuele Bacigalupo

Per mostrarvi la drammaticità di quei giorni, a tratti celata da un sottile velo di romanticismo, vi presentiamo un video che racconta la vita di un ospedale tedesco di seconda linea in cui venivano raccolti i soldati in convalescenza.

Ringraziamo il Gruppo di Rievocazione Storica "Pionier Bataillon"  per il materiale video gentilmente fornitoci, frutto di lunghi mesi di ricerca e raccolta di materiali originali.
video di Arianna Vilya Drago 

Bibliografia
Larry Collins: D-day: la storia segreta
Max Hastings: il D-Day e la battaglia di Normandia
Martin Gilbert: la grande storia della Seconda Guerra Mondiale

29 MAGGIO 1953: LA PRIMA ASCENSIONE DELL’EVEREST

Sono passati sessantacinque anni da quando i primi uomini nella storia, Edmund Hillary e Tenzing Norgay, misero piede sul tetto del mondo. I due alpinisti facevano parte di una numerosa spedizione britannica comandata dal colonnello John Hunt e finanziata dal Joint Himalayan Committee. Le problematiche, anche di natura politica, non tardarono ad arrivare; in tal senso, la scelta di salire per il versante sud dell’Everest, compreso nei confini nepalesi, fu obbligata, dato che la frontiera tibetana era chiusa e il paese viveva un momento difficile per l’occupazione dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese. Il percorso utilizzato da Hillary e Norgay diventerà comunque la via normale, per la sua relativa facilità tecnica. Ma gli Ottomila - e più in generale le montagne - non sono mai banali da scalare, e gli Inglesi ne erano a conoscenza. Dal 1921 erano state organizzate delle spedizioni britanniche per esplorare l’area intorno all’Everest e tentarne la scalata; nel 1922, durante una di queste missioni, sette portatori morirono in una valanga; nel 1924, in una delle vicende alpinistiche più drammatiche e ancora dibattute, George Mellory e Andrew Irvine perirono nel tentativo di arrivare in vetta. Questi episodi precedenti potevano sicuramente mettere pressione e gravare sulla spedizione del 1953, ma non ne preclusero la riuscita. Dopo giorni di meticolosi preparativi, il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay arrivarono a quota 8848 metri, raggiungendo per la prima volta la vetta dell’Everest. L’impresa fu condotta seguendo lo stile himalayano, con l’allestimento di diversi campi base e il supporto delle bombole di ossigeno durante la scalata.

Everest

27 MAGGIO: SAN PIETROBURGO, UNA Città MODERNA

Il 27 maggio 1703 è considerata la data ufficiale della fondazione di San Pietroburgo, in Russia.

Una città costruita ex novo per volere dello Zar Pietro I il Grande, da cui il nome della città, in una zona paludosa sul fiume Neva che ben presto diviene capitale dell'impero, e lo rimane fino al 1917 (eccezion fatta per una parentesi temporale dal 1720 al 1729 in cui la capitale torna ad essere Mosca).
San Pietroburgo è considerata una città europeizzata e occidentale, in cui i nobili si vestono secondo le mode europee, studiano il francese e la costruzione degli edifici viene affidata ad architetti europei.
San Pietroburgo ospita nel corso degli anni giovani studiosi e letterati come Puskin, Turgenev e Dostoevskij; i suoi salotti sono famosi in tutta la Russia e così le sue scuole (ad esempio il liceo Carskoe Selo). Molti dei grandi romanzi russi sono ambientati a San Pietroburgo (ad esempio Delitto e castigo di Dostoevskij e i Racconti di Pietroburgo di Gogol).

Ad oggi, se decidete di visitarla, non possono mancare il Palazzo d'Inverno (sede dello zar), la Fortezza di Pietro e Paolo, la Prospettiva Nevskij (una delle strade principali) e il museo dell'Hermitage.

San Pietroburgo

In un Ferraris vestito a festa, la Sampdoria si imponeva con tre reti sul Lecce e conquistava il suo primo scudetto. La squadra blucerchiata di quel periodo è un ricordo indelebile per i suoi tifosi e gli appassionati del calcio, non solo per la sorprendente vittoria del titolo nazionale ma, soprattutto, per i personaggi che avevano posto le basi del successo. Il presidente Paolo Mantovani era il principale fautore di questo sogno, fin da quando aveva preso le redini della società nel 1979, mentre era ancora in Serie B. Da allora, tra non poche difficoltà, la Sampdoria era risalita nella massima serie e aveva iniziato a ottenere le prime grandi conquiste: tre Coppe Italia (1985, 1988 e 1989) e una Coppa delle Coppe (1990). Con i presidenti di oggi, Mantovani aveva una sola cosa in comune: la disponibilità finanziaria. Era un imprenditore che guadagnava grazie al petrolio, ma alla ricchezza sapeva abbinare una grande sensibilità e una sincera passione per il calcio e i colori blucerchiati. Grazie alle intuizioni di Mantovani e all’intraprendenza del nuovo dirigente sportivo Paolo Borea, la Sampdoria si rafforzò continuamente per diversi anni, fino a trovare la formazione vincente nel campionato 1990/1991. Tra le file blucerchiate ricordiamo Gianluca Pagliuca, Pietro Vierchowod, Moreno Mannini, Luca Pellegrini, Toninho Cerezo, Giuseppe Dossena, Fausto Pari, Srečko Katanec, Attilio “Popeye” Lombardo e i gemelli del goal, Roberto Mancini e Gianluca Vialli (con quest’ultimo capocannoniere nell’anno dello scudetto). A condurre le operazioni in campo c’era un tecnico dalle citazioni facili e con un grande carattere: Vujadin Boškov. Il suo merito più grande fu quello di armonizzare un gruppo formato da solidi veterani e giovani entusiasti. In questo modo la Sampdoria entrò di diritto negli annali calcistici.

19 MAGGIO 1991: LA SAMPDORIA VINCE LO SCUDETTO

Sampdoria

UN SUPER VULCANO IN ITALIA? DOVE?

Sono giorni ormai che stiamo assistendo all’intensa attività eruttiva del vulcano Kilauea presso le isole Hawaii, ma mentre osserviamo i video e le immagini, da un lato spettacolari ma dall’altro terribili visti i danni che stanno causando alla popolazione, è bene ricordare che anche l’Italia deve fronteggiare questo tipo di pericoli. Se parliamo di vulcani sul nostro territorio i primi nomi che ci saltano alla mente sono sicuramente Etna, Vesuvio, Stromboli…ma esiste un vulcano, o meglio, un super-vulcano, non così visibile e maestoso come gli altri ma forse più pericoloso: i Campi Flegrei la cui pericolosità è data dal fatto che la caldera è fra le più densamente popolate al mondo e che le precedenti eruzioni hanno interessato aree molto vaste.

Questo campo vulcanico a Ovest di Napoli è caratterizzato da numerosi centri eruttivi che durante gli ultimi 39.000 anni hanno avuto diverse fasi di attività. Dopo l’ultima eruzione, avvenuta nel 1538 e prima della quale per 100 anni si sono registrati innalzamenti del livello del suolo fino a 17 metri, i Campi Flegrei sono rimasti quiescenti fino al 1950 quando si è riattivato il sollevamento del terreno. Da quel momento l’area è stata sottoposta a monitoraggi sempre più accurati che hanno come obiettivo il controllo dell’attività sismica, delle temperature del terreno e del chimismo dei gas e dei fluidi emessi dalle fumarole (v. Solfatara di Pozzuoli). Questi parametri, considerati precursori di eruzioni vulcaniche, hanno subìto variazioni importanti negli ultimi anni e ciò ha portato le autorità a spostare il livello di allerta dell’area da verde a giallo, ovvero da una situazione di quiete a una di attenzione scientifica.

Un studio condotto dall’INGV (Istituto Nazione di Geofisica e Vulcanologia) e pubblicato su Nature nel 2015 mostra che uno dei parametri che può portare al risveglio di un vulcano è la pressione che il magma in risalita può avere, passato un certo valore limite infatti il magma incrementa la quantità di gas e liquidi espulsi. Questo ha due risvolti importanti: i fluidi rilasciati da un lato diminuiscono la resistenza meccanica delle rocce soprastanti e dall’altro rendono il magma più viscoso e quindi più pericoloso durante un’eventuale eruzione. Gli autori ricollegano il raggiungimento della pressione limite del magma in risalita proprio al sollevamento del terreno che si sta registrando e auspicano un incremento dell’attività di ricerca.

Attualmente i vulcanologi non si aspettano eruzioni imminenti ma una sempre maggiore conoscenza dell’area e dei processi connessi all’attività vulcanica è vitale per poter garantire allerte anche di alcuni giorni e permettere così l’attivazione di piani di evacuazione.

Super Vulcano

EVANDRO BALBI

- Nelle Immagini:
1) Veduta dell’area dei Campi Flegrei
2) La caldera del super-vulcano durante le eruzioni di 39.000 (in verde) e 15.000 (in giallo) anni fa
3) Modello dell’INGV sulle conseguenze di una possibile eruzione

https://www.nature.com/articles/ncomms13712
https://www.nature.com/articles/ncomms15312
http://www.saperescienza.it/…/1640-segnali-di-attivazione-d…
https://www.focus.it/s…/scienze/supervulcani-i-campi-flegrei
http://www.ov.ingv.it/…/…/campi-flegrei/storia-eruttiva.html

NAPOLEONE E IL 5 MAGGIO

Ei fu. Siccome immobile... E' il 5 maggio 1821 quando Napoleone Bonaparte muore a Sant'Elena, nell'Oceano Atlantico. Ufficiale, imperatore, conquistatore: ha segnato il primo ventennio del 1800 e aperto una nuova epoca storica in Francia dopo la fine dell'Ancien Regime. Tra le sue battaglie più importanti ricordiamo quella di Trafalgar, Austerliz e di Waterloo, e tra le campagne quella d'Egitto e di Russia. La prima è di notevole importanza perchè fu proprio durante la campagna che venne rinvenuta la Stele di Rosetta.


5 maggio è anche il titolo della poesia che Manzoni dedica a Napoleone:

“Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro, Stette la spoglia immemore Orba di tanto spiro, Così percossa, attonita La terra al nunzio sta, Muta pensando all’ultima Ora dell’uom fatale; Nè sa quando una simile Orma di piè mortale La sua cruenta polvere A calpestar verrà”.

Con questi versi Manzoni tratteggia, quasi con drammaticità, il profilo di un uomo così unico e importante che persino la terra si zittisce alla notizia della sua morte.

 

“Dall’Alpi alle Piramidi, Dal Manzanarre al Reno, Di quel securo il fulmine Tenea dietro al baleno; Scoppiò da Scilla al Tanai, Dall’uno all’altro mar”.

Con un'altra sestina Manzoni riassume le campagne militari e le battaglie, rapide come un fulmine.

 

“Tutto ei provò: la gloria Maggior dopo il periglio, La fuga e la vittoria, La reggia e il tristo esiglio: Due volte nella polvere, Due volte sull’altar”.

Altre sei, e vediamo la sintesi della sua biografia: la gloria, le vittorie, l'esilio. Gli ultimi due versi indicano le due volte in cui è stato imperatore e le due sconfitte, a Lipsia (1813) e a Waterlooo (1815).

 

“Tu dalle stanche ceneri Sperdi ogni ria parola: Il Dio che atterra e suscita, Che affanna e che consola, Sulla deserta coltrice Accanto a lui posò”.

Nell'ultima strofa Manzoni descrive un Napoleone morente, abbandonato da tutti tranne che da Dio. Un uomo arrogante, assetato di potere e di gloria, che ha cambiato il volto dell'Europa ma che è divenuto un simbolo non solo per la Francia ma per tutti.

5 maggio

Michela Bianco

Portrait of Emperor Napoleon I, François-Pascal Simon baron Gérard (workshop of), c. 1805 - c. 1815 - Rijksmuseum.

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L'ORIGINE DEL 1 MAGGIO

Martedì 1 maggio si è svolta in Italia la “festa del lavoro”, una ricorrenza ormai nota per concedere a tutti quanti un giorno di distacco dagli impieghi e dallo studio come se si trattasse di un evento qualunque offertoci per puro diritto. Cosa che nella realtà non è assolutamente vera, soltanto che molti hanno dimenticato, o fatto dimenticare, facilmente l’origine di questa piccola festa nata da grandi battaglie; condotte da lavoratori e operai intenti a lottare per veder riscattati i loro diritti già nella seconda metà del XIX secolo.

Tale fenomeno però non fu prettamente italiano o europeo e coinvolse anche gli Stati Uniti, che tra il 1881 e il 1905 assistettero al compimento di 37000 scioperi. Il malcontento dei lavoratori proveniva dal loro eccessivo sfruttamento da parte dei proprietari d’industria, i soli ad arricchirsi durante la ricostruzione del paese dopo la Guerra Civile Americana (1861-1865). Il dissenso ebbe modo di propagarsi favorendo la nascita di movimenti politici, due dei quali socialisti (Socialist Labor Party 1877– Socialist Party of America 1901).
I fatti che portarono a scegliere il giorno in cui celebrare la “Festa del lavoro” si svolsero esattamente a Haymarchet Square (Chicago), il 4 maggio del 1886. I lavoratori stavano tenendo una manifestazione di protesta contro le forze dell’ordine, intervenute tre giorni prima (1 Maggio) contro gruppi di manifestanti che chiedevano di ridurre le ore lavorative a 8, contro le 12/16 a cui era costretti. La situazione precipitò quando uno dei manifestanti lanciò un ordigno contro i poliziotti, che aprirono il fuoco sulla folla incrementando il numero delle vittime intorno a loro.
I fatti e l’esecuzione di alcuni operai, considerati colpevoli, incrementarono soltanto l’indignazione dell’opinione pubblica, portando l’Europa a riconoscere la festa del 1 Maggio nel 1889. 

1 Maggio

CARLO ANGELA: GIUSTO FRA LE NAZIONI

Durante la dittatura fascista Carlo Angela, padre di Piero Angela, dopo aver abbandonato la scena politica, si trasferì da Torino a San Maurizio Canavese dove assunse l’incarico di direttore sanitario della clinica psichiatrica “Villa Turina Amione”. Come racconta lo stesso figlio Piero, Carlo partecipò fino alla fine della guerra ad una “Resistenza dietro le quinte”, non macchiandosi di atti violenti ma cercando di modificare l’assetto socio-politico dell’Italia attraverso azioni facenti parte dei “doveri civici” delle persone. Furono proprio questi ideali che lo portarono, durante l’occupazione tedesca, a nascondere ebrei e antifascisti all’interno della propria clinica di San Maurizio Canavese, ricoverandoli come malati mentali e falsificandone le cartelle cliniche anche grazie all’aiuto della sua famiglia e dei suoi collaboratori. Le sue azioni rimasero però sconosciute fino al 1995 quando Anna Segre pubblicò il diario di suo padre Renzo all’interno del quale egli raccontava quei momenti drammatici. Dopo che la storia venne alla luce, il 29 agosto 2001 la commissione israeliana responsabile ha conferito a Carlo la Medaglia di Giusto fra le Nazioni, onorificenza conferita ai non-ebrei che, senza alcun tipo di interesse personale, hanno rischiato la propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista. Ma quello che fa di Carlo Angela un unicum all’interno di un contesto di assoluta confusione e di guerra civile, è stato che la sua etica non era indirizzata esclusivamente ad una categoria, come potrebbero essere gli ebrei o i ricercati, ma a tutte le persone. Un aneddoto raccontato proprio da Piero Angela in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, di cui trovate il link in fondo al post, fa meglio capire quanto detto: “Ricordo benissimo il 25 aprile. I partigiani occuparono il Paese, in giro era tutto feste, bandiere che sventolavano e abbracci. La sera succede che il posto di blocco dei partigiani, all’ingresso del paese, ferma un camion tedesco. Risulta che è la testa di una corazzata tedesca in ritirata, che vuole fermarsi nel nostro Paese. Chiamano subito mio padre. Qualcuno propone di attaccarla con fiaschi di benzina e incendiarla. Ma sarebbe una strage inutile, secondo lui: era dell’idea che al nemico che fugge è meglio fare ponti d’oro. Così mio padre parla col capo tedesco e questi tedeschi si fermano fino al giorno dopo.”

In ricordo del 25 Aprile 1945, Ignotus Magazine

[Evandro]

https://www.ilfattoquotidiano.it/…/25-aprile-piero…/1616830/
https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Angela
https://it.wikipedia.org/wiki/Giusti_tra_le_nazioni

Carlo Angela

EARTH DAY e LA CORRENTE DEL GOLFO

Oggi, 22 Aprile, come ogni anno dal 1970, a seguito del disastro ambientale legato alla perdita di petrolio dal pozzo della Union Oil al largo di Santa Barbara in California, è la giornata dedicata al nostro pianeta e alla sua salvaguardia.

Anche noi di Ignotus Magazine vogliamo unirci a questa giornata portando l'attenzione su un tema molto delicato in ambito ambientale e climatico: IL RALLENTAMENTO DELLA CORRENTE DEL GOLFO

Due studi pubblicati recentemente su Nature hanno mostrato, attraverso metodologie differenti, che il complesso sistema di correnti oceaniche noto con il nome di AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation – https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=3niR_-Kv4SM), di cui fa parte anche la corrente nord atlantica, sta rallentando in maniera preoccupante e inaspettata. La sua velocità, secondo quanto emerso da questi studi, è attualmente fino al 15% più lenta rispetto agli ultimi 1600 anni. Due sono gli aspetti che subito saltano alla mente una volta letti questi dati: Quali sono le cause e quali le conseguenze?

Earth Day

La fusione dei ghiacciai, principalmente della Groenlandia e della calotta polare Artica, potrebbe essere uno dei principali responsabili di questo rallentamento. Il loro scioglimento infatti riversa acqua fredda e dolce in mare in quantità tale da riuscire a compromettere il delicato equilibrio delle correnti oceaniche e a provocarne il loro rallentamento. Rimane sempre il dubbio se il responsabile diretto di tutto ciò sia da ricercare nell’attività antropica, in variazioni climatiche naturale o in una loro combinazione.

La questione più preoccupante ma anche più delicata riguarda le conseguenze che tutto ciò ha, avrà o può avere sul clima globale. La circolazione atlantica comporta un trasporto di acque calde dalle zone tropicali verso Nord che regala un clima temperato all’Europa Occidentale, Inghilterra in primis, e comporta una ridistribuzione delle sostanze nutritive nell’oceano. Con il loro procedere verso Nord le acque diventano sempre più fredde e dense fino a che non scendono verso il fondale invertendo il percorso e tornando verso Sud garantendo così un ricircolo costante. Il rallentamento della corrente quindi, oltre che alterare la flora e la fauna marina, potrebbe portare ad una estremizzazione dei fenomeni atmosferici: ondate di caldo sempre più intense in Europa centrale, abbassamento delle temperature nell’Europa Occidentale, cicloni tropicali più frequenti e più potenti, variazioni dei regimi di precipitazione nell’emisfero settentrionale. Inoltre le variazioni delle condizioni metereologiche potrebbero portare anche ad una accelerazione dell’innalzamento del livello medio mare sulla costa orientale degli Stati Uniti e del Canada oltre che influire sulla capacità di stoccaggio di CO2 da parte degli oceani, il che comporterebbe un aumento della concentrazione in atmosfera del principale gas responsabile del riscaldamento globale.

Data l’estrema variabilità e imprevedibilità del clima queste per ora sono previsioni basate su modelli che utilizzano dati in continua evoluzione. Allo stato attuale però, data l’ormai acclarata responsabilità dell’uomo nei cambiamenti climatici o comunque nella loro accelerazione, la previsione è che questo rallentamento non potrà che peggiorare nei prossimi decenni e, nel caso peggiore, porterà al collasso delle correnti oceaniche entro il 2100 con conseguenze difficili da ipotizzare. Quello che si sa per certo è che bisogna stare alla finestra, tenere sotto controllo queste variazioni, che anche se piccole possono portare a conseguenze enormi, e seguire sempre di più e il più possibile la strada della lotta all’inquinamento.

[Evandro Balbi]

http://www.earthdayitalia.org/…/Giornata-Mondiale-della-Ter…
https://it.wikipedia.org/wiki/Giornata_della_Terra
http://www.whoi.edu/…/atlantic-ocean-circulation-at-weakest…
https://www.lifegate.it/perso…/…/corrente-del-golfo-rallenta
https://www.facebook.com/NextSolarStorm/posts/1418884541548843
https://www.nature.com/articles/d41586-018-04086-4
http://www.realclimate.org/…/amoc-slowdown-connecting-the-…/
https://www.scientificamerican.com/…/slow-motion-ocean-atl…/
http://www.planetexperts.com/the-oceans-conveyor-belt-is-s…/
https://phys.org/…/2018-04-atlantic-ocean-circulation-weake…

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